Patricia A. Norris Ph D.

Guarire:

Cosa Possiamo Imparare

dai Bambini

Traduzione del dott. Gabriele Noferi


Oltre agli elementi di fondo comuni a tutte le terapie e a tutti i terapisti, c’é un filo d’oro che rappresentala seconda metà dell’equazione del processo di guarigione: le capacità del cliente di curarsi da solo.

Nel mio lavoro con la terapia psicofisiologica l’obiettivo é l’autoregolazione, l’autoguarigione del cliente. Il ruolo del terapista é quello d’insegnare al paziente a guarire, di essere insieme allenatore e animatore in questo processo. Così le qualità personali con le quali il cliente arriva al trattamento, o che acquisisce durante la terapia, hanno un’importanza centrale per lo svolgimento del processo e i suoi risultati.

quali sono le qualità e condizioni della mente che promuovono un risultato positivo, un rapporto salutare fra la mente e le risorse risanatrici del corpo ? Di recente é cresciuto l’interesse per lo studio delle qualità che aiutano a star bene, mantenendoci in salute o contribuendo alla guarigione o al superamento di malattie catastrofiche.

Nella mia attività professionale, osservando i miei pazienti pediatrici, mi é sorto l’interesse per i fattori personali significativi nel processo di guarigione e come suscitarli. I bambini dimostrano una grande capacità di entrare nel processo e di imparare l’autoregolazione.

Quasi invariabilmente, come sa qualunque terapista che usi la tecnica di autoregolazione con biofeedback in età pediatrica, i bambini riescono subito ad ottenere le mani calde (aumento della irrorazione sanguigna delle mani) semplicemente pensandoci.

I bambini, che sono per natura aperti, accettanti, fiduciosi, entusiasti, non giudicanti e pronti ad imparare, possono esserci d’esempio nel modo di affrontare la terapia. Possiamo guardare ai loro punti di forza se vogliamo trovare i segni di un filo d’oro che attraversa il processo di guarigione una prontezza alla trasformazione. I bambini hanno in corso l’apprendimento di ogni cosa: camminare, correre, parlare, andare in bicicletta, leggere, scrivere. In altre parole imparare a maneggiare il proprio corpo, il linguaggio, la cultura. Sono aperti all’apprendimento e si aspettano di riuscire in ciò che intraprendono. Se gli diciamo che possono fare qualcosa non lo mettono in dubbio. Se gli dici "Quando giri questo bottone, la televisione si accende" loro ti rispondono "Va bene" e l’accendono. Basta dirgli che possono farsi venire le mani calde, che possono mandare più sangue alle dita dei piedi, o che possono mobilitare i globuli bianchi per combattere il cancro, e loro ci rispondono" Va bene" e lo fanno subito: non c’é differenza fra un compito e l’altro.

Questa é stata la mia strategia con Garrett, il mio primo paziente oncologico, un bambino con un tumore cerebrale. Ho imparato tantissimo da lui sul processo di guarigione: a dire il vero, tutti i miei clienti sono stati miei maestri. Garrett imparò a riscaldare le mani, poi i piedi, poi qualunque parte del corpo su cui rivolgesse l’attenzione. Acquisì un certo controllo del ritmo cardiaco e un ottimo controllo della risposta cutaneo-galvanica. Il biofeedback gli dava la prova convincente che tale controllo era davvero in suo potere. Avendo visto che poteva inviare sangue dovunque volesse nel suo corpo, non gli fu difficile credere che poteva anche inviare i leucociti ad intervenire nell’azione del sistema immunitario.

"Aspetta che lo faccio da me" é un ritornello familiare a chiunque conosca dei bambini. Non appena ne sono capaci, e anche prima, hanno voglia di fare da soli. Questa disponibilità può essere particolarmente importante per i bambini colpiti da patologie catastrofiche, come ustioni gravi o il cancro. I trattamenti che devono ricevere sono spesso traumatici e, malgrado tutti gli sforzi degli adulti, l’esperienza lascia talvolta profonde ferite nella vita emotiva dei bambini. Per loro é più difficile che per un adulto capire come possa alla fine qualcosa di doloroso e terribile fargli del bene, quando gli effetti più immediati sono tanto spiacevoli. Ma la loro capacità di autoregolazione può avvantaggiarli quando si devono affrontare trattamenti difficili e penosi: se possono sentirsi parte attiva nella propria guarigione, trovando il modo di alleviare in parte lo stato di ansia e di malessere, i risultati possono essere molto positivi.

Come mi ha detto Tommy, che aveva subito tutta una serie di maltrattamenti pesanti per il morbo di Hodgkin: " Una cosa alla quale secondo me non danno abbastanza peso é la necessità di capire e l’importanza di aiutare un malato a scaricare la rabbia. Io sono convinto che é la mente quella che mi ha guarito, ma la rabbia mi cresceva dentro per via del cancro e tutti gli sforzi invece erano solo per farmi stare meglio fisicamente. Per la rabbia non c’era nessun sollievo. Il discorso era questo: "C’é poco da fare, ti dobbiamo aiutare a vivere!" Per un bambino é più difficile avere un’idea chiara di quello che gli fate con la chemioterapia. Col biofeedback invece io sapevo quello che si stava facendo per aiutare la mente a vincere il cancro. E’ stata un’esperienza penosa ma mi ha fatto crescere. Ora io ragiono in termini di tutta una vita da vivere".

Tommy ha davvero potuto sopportare meglio e più positivamente i trattamenti dolorosi, grazie all’autoregolazione appresa col biofeedback e con le tecniche di visualizzazione.

I bambini sono capaci di accettare in proprio responsabilità e senso di potere personale senza colpevolizzarsi. A noi adulti l’idea di poterci fare carico del nostro benessere suggerisce il sospetto che dobbiamo essere noi stessi la causa delle malattie che ci colpiscono: "Se sono responsabile, allora é colpa mia", ci dice la nostra insicurezza. Naturalmente, nessuno sceglie di ammalarsi di proposito o comunque in maniera cosciente. I bambini accettano l’idea di imparare a curare e guarire se stessi senza sentirsi in colpa più che se imparassero a scrivere o a parlare.

C’é una differenza abissale fra attribuzione di colpa e accettazione di responsabilità. Il fatto che possiamo assumerci la responsabilità e cominciare a farci carico della nostra salute e della nostra vita in generale é una buona notizia. Come faceva notare Elmer Green, se esiste qualcosa come la malattia psicosomatica (e nessuno lo mette in dubbio), dev’esserci anche una cosa come la salute psicosomatica: se possiamo (involontariamente) renderci malati, allora potremo - con piena intenzione - farci guarire. E’ precisamente questa accettazione della responsabilità che avvia il vero processo trasformativo della guarigione: rappresenta il passaggio da una "coscienza di vittima" a un senso di padronanza.

Spesso pensiamo ai malati come a "vittime" della malattia a ciò rinforza il loro senso d’impotenza. Una parte importante del nostro lavoro consiste nel dare agli adulti bisognosi di trattamento quel senso di padronanza che i bambini hanno naturalmente. E’ il contrario dell’impotenza: é la sensazione diretta delle proprie potenzialità di essere, fare, sentire.

Mi ha detto una ragazzina che aveva il morbo di Hodgkin: "Il cambiamento più grosso, perfino più del fatto di aver superato il cancro, é che adesso mi piaccio di più".

Dal punto di vista evolutivo i bambini sono in uno stato di stretta integrazione fra i processi consci e inconsci. E’ questa una delle cose che li rende così capaci di apprendere. Se andate in un paese straniero con dei bambini di quattro o cinque anni, noterete che presto parlano la lingua del posto come se ci fossero nati: l’apprendimento avviene a vari livelli di coscienza simultaneamente.

Stiamo scoprendo oggi che anche gli adulti possono imparare rapidamente cose come le lingue straniere, imitando di proposito quello stato di coscienza in cui si trovano quasi sempre i bambini, grazie alle tecniche impiegate nei metodi di superapprendimento e apprendimento crepuscolare. Uno degli scopi della terapia é accedere all’inconscio per accrescere il suo controllo cosciente: é quando realizzano fisiologicamente l’autoregolazione e il controllo volontario degli stati interni, oltre ai loro profondi effetti psicologici.

Spesso i clienti arrivano al trattamento con un’autostima compromessa e con un senso ridotto di padronanza e controllo personale. In tali condizioni l’apprendimento non può avvenire. I bambini, dal canto loro, se ricevono adeguate cure genitoriali hanno naturalmente una buona stima di sé e scarse esperienze di insuccesso. La scoperta di se stessi é per loro un’esperienza entusiasmante e i bambini sono capaci di far fronte con naturalezza a problemi che spesso sgomenterebbero un adulto.

Vari bambini con cui ho lavorato hanno avuto esperienze extracorporee e le hanno prese semplicemente per quello che sono, senza preoccuparsi se contraddicessero un qualunque sistema di credenze consolidate. Una volta, per esempio, Garrett mi ha detto: "Il mio corpo interno di notte esce e fluttua nell’aria in salotto". Più tardi, mentre parlano cercavo di definire la parte più permanente della sua personalità, gli dissi: "Sai, Garrett, é come il tuo corpo interno ..." Mi guardò con aria seria e rispose: "Quello é il mio vero IO, sai". Fui molto sorpresa: era come se parlasse da una sede di saggezza profonda dentro di lui.

I bambini affrontano anche la morte con più facilità e naturalezza degli adulti. Io trovo che questa capacità é importante per il processo terapeutico. A chiunque può giovare venire in qualche modo a patti con la morte. L’apertura all’eventualità della morte, aiuta i bambini ad entrare nella via della guarigione come in un’avventura e a vedere "Io star bene" come una delle possibilità, ma non come l’unico "necessario" esito finale della guarigione. Può esserci una guarigione anche nella morte. La paura della morte può creare una profezia autorealizzante. E’ importante per i pazienti sentire che la morte non é una nemica. I bambini si avvicinano o si allontanano dalla morte in un facile fluire: capaci per loro natura di vivere nel presente, di "esserci qui ed ora", non hanno alcuna difficoltà a mantenere un modo di essere che gli adulti spesso devono reimparare con grande fatica, attraverso la meditazione, la terapia o altri sforzi coscienti.

Un altro fattore che aiuta le persone a guarire é sentirsi utili agli altri. Io vedo nei bambini una naturale empatia: vogliono aiutarsi l’uno con l’altro, hanno una grande capacità di porsi in modo equanime verso se stessi e verso gli altri. E’ come se vivessero da ambo i lati della regola aurea - amare gli altri come se stesso e amare se stesso come gli altri.

Naturalmente il terapista deve credere nelle potenzialità del cliente, nella sua capacità di curare se stesso. Credere che ciò che si tenta di fare é possibile, anche se non garantito; é essenziale. Convinzioni negative e dubbi su se stessi pongono limiti gravi, non necessari, mentre le aspettative positive, unite ad esperienze positive di controllo, eliminano i dubbi. Questa

apertura alla speranza é facile e naturale per i bambini.

Fortunatamente possiamo cambiare il nostro modo di percepire noi stessi e rapportarci ai fattori di stress presenti nella nostra vita. Possiamo acquisire le competenze e le risorse necessarie per affrontare lo stress come una sfida e come un’occasione di apprendimento. Imparare l’autoregolamentazione delle risposte allo stress ci porta gradualmente ad accettare le sfide con un senso di energia ed entusiasmo, anziché disperazione e sconforto. Questo mutato atteggiamento può avere una potente azione terapeutica.

Per il nostro corpo recuperare la salute é nell’ordine naturale delle cose. L’aspirazione a migliorarci, a tendere verso mete sempre più alte, é esemplificata dai bambini. Ma é accessibile a tutti noi se siamo disposti a riconquistare quelle risorse che sono parte integrante del nostro retaggio naturale: le nostre potenzialità di salute, di scelta personale, la capacità di dirigere, regolare e curare noi stessi.


 

Margo McCaffery R.N. M.S. F.A.A.N.

Alexandra Beebe R.N. M.S. O.C.N.

da: Pain

Estratti dal capitolo 10:

Pain in Children

Traduzione della Dott.Chiara Azzari


STIMOLAZIONE CUTANEA

 

I bambini di 2-3 anni e quelli più grandi possono trovare sollievo al dolore con vari tipi di stimolazione cutanea fra cui il massaggio superficiale, la pressione associata o meno a massaggio, l’applicazione superficiale di caldo o di freddo, il massaggio con del ghiaccio, le applicazioni di mentolo e il TENS. Per neonati e lattanti sono necessarie particolari cautele. Vedi le tabelle 9 e 10 per i dettagli pratici.

 

Tabella 9 - Un aiuto immediato con stimolazione cutanea

Tempo necessario : tempo per la lettura: 5-10 minuti; tempo per la messa in opera: 5-10 minuti.

Situazione tipo : il paziente soffre per un dolore inaspettato e improvviso ma abbastanza ben localizzato. Questo può avvenire in un pronto soccorso, in casa o in un reparto ospedaliero. Il medico non può o non vuole prescrivere un analgesico fino a quando non avrà visitato e valutato la situazione del paziente. Come potete alleviare almeno in parte il dolore senza il rischio di mascherare i sintomi ?

Soluzioni possibili : chiedere al medico il permesso per usare applicazioni locali calde, fredde o con ghiaccio fino al momento di cominciare le pratiche diagnostiche o fino a quando la diagnosi é completa. Questi metodi di stimolazione cutanea sono quasi sempre disponibili. se il medico dice che ci sono controindicazioni oppure c’é una ferita aperta, suggerite che il calore, il freddo o il ghiaccio possono essere usati in un punto lontano dal dolore ad;es. sul lato opposto del corpo. Spiegate che questo può parzialmente superare o mascherare la sensazione di dolore temporaneamente e servirà per riassicurare il paziente che si sta facendo qualcosa per lui.

Nota : le applicazioni fredde differiscono da quelle con ghiaccio. Il freddo é applicato ad un grado di intensità confortevole, generalmente avvolto, mentre in una applicazione di ghiaccio la sostanza ghiacciata é posta a diretto contatto con la pelle.

Riuscita prevista: il paziente sperimenta temporaneamente una parziale o totale risoluzione del dolore.

 

Da non fare

1. Non aspettatevi o non suggerite che questo risolverà tutto il dolore del paziente.

2. Non dite al paziente che egli deve semplicemente sopportare il dolore fino a quando il dottore avrà compreso la causa del dolore stesso.

3. Non dite al paziente che é solo spaventato e che il dolore non é così forte come sembra.

4. Non dite al paziente che non c’é niente altro da fare per aiutarlo.

5. Non fate applicazioni calde in un punto che sanguina o é gonfio.

6. Non applicate del ghiaccio per più di 10 minuti (per evitare un danno tissutale).

7. Se il freddo risolve completamente il dolore, non fate applicazioni fredde per più di 30 minuti perché il dolore ritorna molto più lentamente dopo quelle fredde che quelle calde. E’ importante non eliminare il dolore per un tempo che supera il periodo ottenibile con un’applicazione fredda: il dolore, infatti, può essere un sintomo utile per fare una diagnosi.

Da fare

1. Assicurare il paziente che sapete quanto soffre e spiegate perché non potete somministrare alcun farmaco per risolvere il suo dolore in questo momento.

2. Dite al paziente quali possibilità avete a disposizione per risolvere il suo dolore, ad es. il caldo, il freddo o il ghiaccio.

3. Se si può scegliere, dite al paziente che può provare il metodo che gli é stato più utile in precedenza, ma che probabilmente il ghiaccio o i freddo hanno maggiori probabilità di risolvere il dolore rispetto al caldo.

4. Se possibile, fate applicazioni calde, fredde o con del ghiaccio nella sede del dolore.

5. Se il punto dolorante non può essere usato per l’applicazione, spiegate che non necessariamente il caldo, il freddo e il ghiaccio devono essere applicate nel punto del dolore. Spiegate che, anche se può sembrare strano, l’esperienza clinica e la ricerca hanno dimostrato che le applicazioni calde, fredde o con ghiaccio in punti lontani dal dolore a volte risolvono il dolore, forse perché costituiscono una distrazione. I punti lontani dal dolore più semplici e possibili sono:

• fra il dolore e il cervello

• sul lato opposto oppure sotto il dolore (ad es. usando la mano se l’avambraccio é ferito)

• sul lato del corpo corrispondente ma opposto al sito del dolore.

Nota: possono essere usati contemporaneamente più punti.

6. Se viene usato caldo o freddo, incoraggiate il paziente ad usare una stimolazione intermittente, sviluppando un suo proprio ritmo di applicazione, ad es. togliendo e rimettendo il ghiaccio o il caldo ogni 5 secondi o ogni 1-2 minuti.

7. Se sono permessi sia il caldo che il freddo, alternateli ad intervalli di pochi secondi o di 1-2 minuti.

8. Se si desidera incrementare la sensazione di caldo o freddo, ponete un panno umido vicino alla pelle.

9. Se fate un massaggio con il ghiaccio, ricordate:

• avvertite il paziente che le sensazioni non sono molto piacevoli e generalmente passano da un freddo intenso a bruciore, dolore e finalmente intorpidimento.

• il ghiaccio dovrebbe essere a diretto contatto con la pelle (non coprite con qualcosa di impermeabile).

• il ghiaccio può essere passato gentilmente sulla pelle, evitando di fare pressioni sulle prominenze ossee.

• usate un panno per asciugare l’acqua quando si scioglie il ghiaccio.

• Smettere le applicazioni di ghiaccio dopo 10 minuti o comunque quando si ha tremito, intorpidimento o irritazione epidermica; quando il colore dell’epidermide é alternativamente bianco e rosso; oppure quando il paziente non riesce più a sopportarlo. Se si deve smettere in un punto, si può però provare in un altro punto.

10. Fate partecipare il paziente e i familiari per quanto desiderato.

11. Dopo 5-10 minuti, chiedete al paziente se questo é stato utile. Se non é stato utile provate uno dei seguenti metodi:

• cambiate i punti oppure usate un punto in più.

• passate ad un’altra forma di stimolazione permessa (ad es. passare da applicazioni tiepide a fredde).

• Usate stimolazioni intermittenti. Se questo é stato già fatto, cambiare ritmo.

12. Rassicurate il paziente che dopo la diagnosi verrà messo in opera un trattamento del dolore più efficace.

 

Tabella 10 - Criteri per scegliere un metodo di stimolazioni cutanee

 

 

Massaggio

Ha effetti collaterali minimi ed anche poche controindicazioni. Massaggi sulla schiena o sul corpo intero possono richiedere molto tempo e possono risolvere solo dolori leggeri ma vanno bene anche quando il dolore non é localizzato ed inoltre la maggior parte dei pazienti lo trova piacevole. Alcuni bambini possono obiettare al fatto di essere toccati, spogliati. Il massaggio dei piedi e delle mani risulta generalmente più accessibile, più accettabile e anche più efficace.

     
 

Pressione a volte con massaggio

Massaggi/pressioni sui punti più sensibili o su punti per agopuntura possono essere molto efficaci ma diventano rapidamente spiacevoli. Inizialmente richiede del tempo per localizzare i punti. Ma poi il paziente può imparare ad agire da solo su alcuni di questi punti.

     
 

Vibrazioni

Una più vigorosa forma di massaggio che può essere efficace con pochi rischi di danno per i tessuti. Informatevi sulla disponibilità e sul costo di un vibromassaggiatore che può essere usato per i punti sensibili. Può risultare insopportabile a causa del rumore o dell’intensità di stimolazione se il vibratore non é regolabile. A volte é un sostituto meno costoso del TENS.

     
 

Caldo e freddo

Probabilmente funziona meglio in caso di dolori ben localizzati. E’ sufficiente un minimo di equipaggiamento. Dovrebbe essere applicato ad intensità ben tollerabile. Il freddo, rispetto al caldo, ha maggiori vantaggi. Effetti collaterali indesiderati, ad es. bruciature e controindicazioni, ad es. sanguinamento ed edemi, sono più frequenti riscaldando che raffreddando. Quando il freddo é in grado di risolvere il dolore, tende ad essere più efficace del calore. Tuttavia, i pazienti di solito preferiscono il calore al freddo e l’uso di applicazioni fredde richiede una maggiore persuasione.

     
 

Applicazione/

massaggio con ghiaccio

Sostanze congelate applicate sulla pelle sono sgradevoli ma solo per i pochi minuti prima che si abbia intorpidimento. Richiede un uso continuo per 10 minuti o meno e un dolore ben localizzato. Può risolvere dolori forti. E’ una tecnica semplice e con pochi rischi adatta per pratiche brevi e dolorose

     
 

Mentolo

Sostanze che contengono mentolo possono essere utili per applicazioni epidermiche. L’effetto aumenta con la quantità di mentolo; ad alte concentrazioni può essere sgradevole. L’odore risulta insopportabile per alcune persone. L’uso é influenzato da usi e costumi; l’uso é infatti più limitato negli americani rispetto ad altre popolazioni, ad es. gli asiatici. Dopo l’applicazione fornisce una stimolazione continua senza ulteriori sforzi. Poco costoso. E’ adatto per un uso notturno.

     
 

TENS

In confronto ai metodi precedenti, é molto più costoso, meno facile a trovarsi. E’ necessario più tempo per istruire infermiere e pazienti, ma é sostenuto da numerose ricerche e considerato da molti come più "scientifico".

 

 

 

 

NEONATI PREMATURI E A TERMINE

 

Qualsiasi stimolo, compreso quelli avvertiti come piacevoli dai lattanti e dai bambini più grandi, dovrebbe essere provocato con cautela al neonato, specialmente se prematuro. In un piccolo prematuro, il semplice sfioramento della cute può causare un’intensa risposta fisiologica. Così, per i neonati prematuri ma anche per i bambini a termine é preferibile il bagno per immersione in acqua tiepida rispetto al bagno con spugnature. (Als et al, 1986).

Una stimolazione cutanea come quella prodotta sfiorando la sede posta sopra e sotto il punto doloroso é utile per il trattamento del dolore nei bambini più grandi e negli adulti ma non sembra essere di aiuto ai neonati. Al contrario sfiorare la gamba di un neonato prematuro sopra il punto in cui é stato bucato può aumentare in modo drammatico la frequenza cardiaca e altre risposte fisiologiche al dolore.

Alcuni studi mostrano che il più grande cambiamento nella frequenza cardiaca avviene nei primi 10 secondi dall’applicazione dello stimolo, ad es. dopo che si é toccato il bambini o lo si é bucato con la lancetta (Bearer, 1987). Quindi, nel neonato, per valutare l’effetto di qualsiasi stimolazione, sia essa dolorosa o tesa invece a diminuire il dolore, un metodo conveniente e rapido é quello di osservare gli immediati cambiamenti della frequenza cardiaca.

 

BAMBINI DI 2-3 ANNI E PIU’ GRANDI

Alcune particolari considerazioni sull’uso di alcune tecniche di stimolazione cutanea per i bambini di 2-3 anni e più grandi:

• I bambini generalmente accettano prontamente applicazioni calde e fredde mentre gli adulti sono spesso riluttanti ad usarle. Passare semplicemente un cubetto di ghiaccio sulla cute di un bambino ferito può distrarlo mentre aiutare il bambino stesso a strusciarlo sopra o sotto la ferita o sulla parte controlaterale del corpo può anche alleviare il dolore. Bambini col mal di testa o sotto trattamenti ortodontici sono spesso ricettivi al massaggio con un cubetto di ghiaccio sul palmo della mano. Un impacco freddo fatto riempiendo un guanto di plastica può essere particolarmente utile specialmente nei bambini perché le dita del guanto coprono piccole aree e così entrano anche in piccoli spazi tra le parti del corpo. Il guanto può essere riempito con cubetti di ghiaccio e acqua, o posto in freezer dopo aver riempito con 2/3 di acqua e 1/3 di alcool (l’alcool previene il congelamento in un’unica massa dura). Inoltre se l’impacco freddo deve essere sterile, si possono usare i guanti sterili.

 

Applicazioni/Massaggio con del ghiaccio

Le applicazioni/massaggio con del ghiaccio risolvono rapidamente il dolore. I meccanismi che stanno alla base di questo effetto sono riassunti nella tabella 11.

 

 

 

 

Tabella 11 - GHIACCIO: i possibili meccanismi che stanno alla base del suo effetto

1. L’intorpidimento o l’anestesia epidermica possono essere causate da una diminuzione della velocità di conduzione degli impulsi nervosi.

2. Il disagio prodotto dalla sensazione di bruciore e di fastidio causata dal ghiaccio può agire come "contro-irritante" stimolando le zone cerebrali che esercitano un’azione inibitoria sugli impulsi nervosi dolorifici.

3. Il sollievo dal dolore prodotto da una sensazione breve ed intensa come quella causata dal ghiaccio, può interrompere dei processi di "memoria del dolore" prodotti da un dolore prolungato, causando un trattamento del dolore che oltrepassa di gran lunga l’effetto diretto del ghiaccio.

4. I punti più sensibili nei muscoli possono essere inattivati con il risultato di risolvere dolori o spasmi muscolari.

5. I punti usati nell’agopuntura possono essere stimolati dal ghiaccio così come viene fatto con gli aghi o con la pressione.

6. Per la paziente la sensazione prodotta dal ghiaccio può essere più forte di quella dolorosa. Avvertire un freddo glaciale può distrarre o costituire un modo di "sviare" il dolore, forse per una dominanza percettiva.

 

Metodi di applicazione/massaggio con il ghiaccio

Le numerose forme e sorgenti disponibili rendono facile l’uso del ghiaccio. Inoltre la maggior parte dei metodi per l’applicazione o il massaggio con ghiaccio non hanno un costo reale.

Ecco alcuni esempi più comuni per l’applicazione del ghiaccio:

Cubetti/pezzi di ghiaccio. Applicato direttamente sulla pelle e non con un contenitore. Lo sciogliersi del ghiaccio a diretto contatto con la pelle é un fattore di sicurezza contro un raffreddamento troppo elevato. Per un ulteriore sicurezza, usate per il massaggio una superficie piccola del pezzo di ghiaccio (ad es. l’angolo di un cubetto piuttosto che l’intera superficie di un lato del cubo).

La fig.10 mostra quali forme di ghiaccio usare e come maneggiarle senza congelarsi le dita.

Immersione in acqua (utile per i glutei, l’area perianale, le mani, i piedi e i gomiti). Un contenitore con acqua e ghiaccio fondente assicura una temperatura di 0 °C.

Un tessuto di spugna immerso in acqua e ghiaccio tritato, quindi strizzato ed applicato prontamente può essere utile per ampie superfici corporee, ma deve essere cambiato frequentemente per mantenere una temperatura costante.

ATTENZIONE: i metodi precedenti provocano una quasi istantanea caduta della temperatura cutanea e possono causare dei danni ai tessuti. La temperatura muscolare si abbassa più lentamente, e ci mette di più se gli strati di grasso presenti sono più spessi. In una persona magra, la temperatura muscolare cala dopo circa 10 minuti ma in una persona obesa qualche volta la temperatura dei muscoli non cade affatto.

 

Figura 10 - Metodi semplici e convenienti per preparare del ghiaccio per i massaggi

Situazioni appropriate/inappropriate per le applicazioni/massaggi con ghiaccio

Generalmente gli usi appropriati ed inappropriati o le controindicazioni per il freddo sulla superficie corporea sono valide anche per l’uso del ghiaccio. In linea di massima non esistono controindicazioni per l’uso del ghiaccio se questo é applicato solo per pochi secondi, ad es. prima di un’iniezione.

 

Uso appropriato di applicazioni/massaggi con ghiaccio

• Stimolazione dei punti muscolari sensibili per spasmi muscolari

• Stimolazione dei punti per agopuntura

• Ferite acute ma non gravi, per ridurre il sanguinamento e l’edema, ad es. in un pronto soccorso

• Dolore delle fasce muscolari e dei muscoli

• Stiramento dei muscoli contratti, specialmente insieme con uno spray di fluorometano, detto "spruzza e stira". Consultate un terapista per determinare il metodo corretto per ogni paziente.

• Miofibrosite.

• Rigidità delle articolazioni. (Alcuni studi hanno mostrato che il ghiaccio aggrava la rigidità; ma può ridurre l’attività di enzimi con azione destruente come la collagenasi, creando un possibile, anche se discutibile, effetto terapeutico per alcune malattie come l’artrite reumatoide).

• Tendiniti (il massaggio con del ghiaccio é spesso considerato il trattamento di elezione).

• Punture di ago, ad es. iniezioni IM, endovenose (il ghiaccio é posto a distanza dal sito di iniezione dell’ago o viene appoggiato su quella stessa area per 15-20 secondi immediatamente prima di disinfettare l’area.

• Gomito del tennista

• Traumi sportivi come distorsioni e slogature

• Dolori cronici alla parte inferiore della schiena

• Borsiti acute

• Lesioni da Herpes

• Sostituto del TENS o dell’agopuntura, in particolar modo per dolori alla parte inferiore della schiena.

• Mal di denti e anche tutti i dolori alla nuca in su. Il ghiaccio é applicato sulla mano, immergendo questa in acqua e ghiaccio fondente oppure usando un massaggio con del ghiaccio sul dorso della mano fra il pollice e l’indice o fra l’anulare e il mignolo.

• Cefalea. Il punto di applicazione può essere l’area in cui si localizza la cefalea o i punti trigger (quelli in cui si scatena la cefalea) altrimenti il ghiaccio può essere pressato sul palato della lingua.

• Prurito

• Qualsiasi procedura breve ma dolorosa, specialmente quelle con durata inferiore a 10 minuti.

Usi inappropriati o controindicazioni al ghiaccio sono:

• La parte anteriore del collo (il ghiaccio sul nervo vago può rallentare il cuore).

• Neonati fino all’età di 3 mesi (il ghiaccio può coagulare il tessuto adiposo).

• Epidermide danneggiata, ad es. aree ustionate.

• Pazienti cardiopatici. (Anche se la ricerca su volontari sano non ha mostrato cambiamenti nella pressione sanguigna o nel battito cardiaco a causa del massaggio con del ghiaccio, é più saggio consultare il medico).

 

Indicazioni per le infermiere riguardo alle attenzioni necessarie per le applicazioni con ghiaccio

1. Molti pazienti sono molto restii ad usare il ghiaccio. Esprimete la vostra comprensione nei riguardi dell’opinione del paziente.

2. Spiegate dettagliatamente perché il ghiaccio può essere efficace

3. Suggerite un metodo appropriato per l’applicazione del ghiaccio, ad es. una bacinella contenente acqua e ghiaccio fondente per l’immersione delle mani

4. Stabilite se il paziente é in grado di usare il ghiaccio da solo. Può essere necessario un aiuto per prepararlo ed applicarlo, specie nel caso in cui non possa raggiungere il punto per l’applicazione.

5. Avvertire dell’iniziale comparsa sulla pelle di un eritema (arrossamento). Questo é dovuto ad una reazione provocata dall’istamina nella cute e non deve essere confusa con un’irritazione. Da notare che la vasocostrizione causa pallore solo dopo un po’.

6. Sottolineare l’importanza di evitare i danni ai tessuti interrompendo l’applicazione dopo 10 minuti o quando sopraggiunge intorpidimento, pallore alternato a vasodilatazione (rossore) dei vasi o tremito.

7. Se il paziente desidera usare il massaggio con del ghiaccio per un tempo superiore a 10 minuti, ad es. per ottenere un sollievo dal dolore più prolungato nella parte bassa della schiena, suggerite di dividere l’area dolorante in settori, massaggiando ognuna per circa 7 minuti, poi 3 di intervallo per passare poi alla successiva per un totale di circa 30 minuti.

8. Incoraggiate il paziente a provare il ghiaccio su altri punti distanti dalla sede del dolore e spiegate che la rappresentazione cerebrale del corpo é diversa da quella che noi vediamo. Per es. un punto lontano dal dolore sulla superficie corporea può essere vicino all’area dolorante nella rappresentazione cerebrale del corpo.

 

Massaggio con ghiaccio per pratiche mediche dolorose

Tutte le pratiche mediche brevi ma dolorose, particolarmente quelle che hanno una durata non superiore a 10 minuti, possono riuscire meno dolorose o essere meglio tollerate se precedute da massaggio con ghiaccio.

Ecco alcuni esempi di pratiche mediche:

• Biopsie sotto anestesia locale

• Prelievo di midollo osseo

• Cateterizzazione

• Rimozioni di drenaggi toracici

• Iniezioni articolari

• Punture lombari

• Rimozione delle suture

 

Tecnica di massaggio con ghiaccio per le pratiche mediche

1. Cominciate 1-5 minuti prima della procedura.

2. Applicate il ghiaccio a diretto contatto con la pelle o attraverso un setto poroso.

3. Tenete a disposizione un panno con cui asciugare il ghiaccio disciolto.

4. Subito prima della procedura se può essere programmata in modo adeguato, intorpidite il punto dove viene eseguita la procedura medica con del ghiaccio. Quindi spostatelo su una parte distante.

5. Massaggiate con ghiaccio una parte lontana, ad es. in posizione controlaterale.

6. Se imprevedibilmente la pratica ha una durata maggiore di 10 minuti o se il massaggio con ghiaccio deve essere interrotto per evitare un danno ai tessuti, provate un punto completamente diverso.

7. Se si prevede che la durata della pratica sarà superiore a 10 minuti, provate a fare massaggi ad intervalli, ad es. 2 minuti di massaggio seguiti da un periodo di riposo che permette alla pelle di cominciare a riprendere il colore normale. Oppure, dividere l’intera area in parti più piccole e cambiare l’area massaggiata dopo alcuni minuti.

 

Un punto raccomandato per la stimolazione cutanea, specialmente quando il punto doloroso non é accessibile, é quello situato fra la sede del dolore e il cervello. Un metodo comune di aumentare l’introito di liquidi nei bambini piccoli ad es. dopo un’operazione, é quello di dare loro un ghiacciolo. Inoltre questo serve anche per fare delle applicazioni fredde fra la sede del colore e il cervello.

L’applicazione alternata di caldo e freddo é uno dei metodi più efficaci per il trattamento del dolore con stimolazioni cutanee. Il bambino riceve impacchi freddi e caldi con l’istruzione di alternarli a sua discrezione. Oltre a costituire una distrazione da al bambino un senso di controllo sul dolore.

• I derivati del mentolo applicati alla pelle sono generalmente ben accettati dai bambini. L’odore può essere un ulteriore elemento di distrazione. Quei prodotti che contengono metilsalicilati dovrebbero essere evitati in quei bambini in cui l’assunzione di aspirina ed altri salicilati sono controindicate.

• il TENS (Transcutaneous Electric Nerve Stimulation) é considerato utile per molti bambini che hanno dolori cronici con maligni, anche se non per tutti, (Beyer e Leven, 1987; Epstein e Harris, 1978). Può alleviare alcuni tipi di dolore dovuto a procedure mediche, come l’inserimento dell’ago di una flebo, il dolore nel punto del trapianto di cute in caso di ustioni e il dolore prolungato per metastasi ossee (Eland, 1988).

 


Joann Eland

PhD RN NAP FAAN

 

Efficacia della

Elettrostimolazione Transcutanea

del Nervo (TENS) nei Bambini

con Dolore da Cancro

 

Traduzione del dott.Gabriele Noferi


 

Ero stata da poco assunta come infermiera nel 1970, quando nel mio reparto un bambino di sette anni, Scott, moriva di un tumore cerebrale in metastasi. Scott e i suoi familiari erano amatissimi dal personale fino da quando, nove mesi prima, gli era stata diagnosticata la malattia, e il bambino, malgrado la gravità del suo male aveva mantenuto il senso dell’umorismo e continuava a guardare sempre il lato positivo delle situazioni.

Le cose si mettevano male per Scott e le sue condizioni erano peggiorate al punto che si dovette ricoverarlo su richiesta dei genitori. Non era difficile capire le ragioni di quella richiesta: ogni volta che qualcuno lo toccava o anche soltanto urtava leggermente il suo letto, Scott urlava dal dolore.

Appena qualcuno del personale entrava nella stanza diceva con terrore nella voce: "Ora che cosa mi fai ?" e cominciava a piangere. Gli esami rivelarono che non c’era più niente da fare per fermare il progresso della malattia.

Le infermiere chiesero ripetutamente analgesici ai medici curanti, ma questi rifiutarono di prescrivergli anche un solo acetaminofene (Tylenol) e Scott rimase in preda ad un dolore intenso e incontrollato 24 ore su 24.

Peggiorando le sue condizioni, c’erano forti probabilità di un arresto respiratorio e fu chiesto ai genitori se volevano che fosse mantenuto in vita con gli apparecchi di rianimazione.

Proprio quella mattina in cui si pose la questione Scott ebbe un arresto cardiaco e respiratorio. Un medico aggressivo e tre infermiere obbedienti, fra cui io, lo rianimarono per oltre un’ora.

Il risultato di questo sforzo "eroico" furono altre 72 ore di agonia, finché i genitori non riuscirono a prendere la decisione di staccare l’apparecchio che manteneva artificialmente la pressione sanguigna. Mai mi sono sentita così poco un’infermiera come quella volta che abbiamo prolungato una vita senza alcun sollievo dei sintomi, quando sopravvivere significava soltanto prolungare un inferno per Scott e per quelli che l’amavano.

L’unica cosa che l’équipe ospedaliera avrebbe potuto fare per Scott nelle sue ultime settimane di vita (oltre a richiedere prima alla famiglia il consenso a sospendere gli interventi di rianimazione) era alleviargli il dolore, e questo non é stato fatto.

Fortunatamente il controllo del dolore in pediatria ha fatto molta strada da allora ed é estremamente improbabile che una situazione del genere possa ripetersi oggi. Tuttavia, Scott e molti altri mi hanno lasciato dei ricordi che m’impegnano a continuare il lavoro nell’interesse dei bambini che soffrono: credo che se mettiamo sempre avanti a tutto il loro interesse, le conoscenze su cui basare la nostra pratica professionale continueranno a svilupparsi con tutta la rapidità che il tempo consente.

Questo studio é stato progettato per accertare l’applicabilità dell’elettrostimolazione transcutanea del nervo (TENS) nei bambini dopo i quattro anni che presentano dolori associati al cancro.

La più antica documentazione dell’uso della stimolazione elettrica per alleviare il dolore sembra risalire agli antichi egizi, che nel 600 a.c. sfruttavano le scariche elettriche del diploo (un pesce simile all’anguilla) in un bacile pieno d’acqua contro il dolore della gotta.

Dai primi del 700, che segnano l’inizio dell’età moderna della TENS negli Stati Uniti, questa tecnologia e le sue applicazioni cliniche hanno fatto registrare un rapido sviluppo: confrontare le specifiche tecniche di un apparecchio costruito nel 1973 con uno dei modelli più recenti é come paragonare il motore di una Ford modello T con una macchina da corsa moderna.

Ai primi anni ‘70 l’apparecchio era grosso, pesante (richiedeva quattro batterie a secco), rumoroso e con due soli controllo (ampiezza e cadenza). Un modulo TENS nel 1988 é un apparecchio piccolo e silenzioso, con capacità di gran lunga maggiori: controlli e funzioni dei modelli più recenti sono riassunti nelle tab. 11.1, 11.2, e 11.3

 

Tabella 11.1 - Parametri della TENS

Comandi

Regolazioni

Funzione

Ampiezza d’onda

 

0-60

Determina la quantità di energia vitale inviata alla pelle

 

Cadenza

 

2-125/s

Indica il numero di stimolazioni al secondo

 

Ampiezza d’impulso

30-250 u<7s

Regola la profondità di stimolazione

 

Tabella 11.2 - Variazioni di stimolazione

Normale

Modulazione di carenza

Modulazione di ampiezza d’impulso

Modulazione di cadenza e ampiezza d’impulso

Scarica

Modulazione d’ampiezza d’impulso e ampiezza d’onda

 

Tabella 11.3 - Modalità di stimolazione della TENS

 

Cadenza

Ampiezza d’impulso

Ampiezza d’onda

 

Standard

 

75-100/s

>250 u/s

Nessuna contrazione

 

Cadenza bassa come l’agopuntura

 

1-4/s

200-300 u/s

Contrazioni visibili

intensa

150/s

>=150 u/s

Contrazioni iniziali

 

La ricerca sull’efficacia della TENS ha dato risultati diversi secondo l’ottica in cui era impostata. Vari autori hanno indagato quattro aspetti principali:

1. Quali tipi di dolore rispondono al trattamento

2. I parametri della stimolazione

3. La collocazione degli elettrodi

4. Le applicazioni dei vari perfezionamenti tecnici.

 

Quando si esamina criticamente la letteratura sull’argomento si deve tener conto dell’impatto che hanno avuto queste quattro impostazioni di ricerca e delle loro conseguenze ai fini del successo o insuccesso delle singole sperimentazioni.

I contributi alla ricerca da parte del personale infermieristico sono stati scarsi, ma sa di fatto che la TENS é una tecnica potente con applicazioni sempre più ampie, di cui non hanno diretta cognizione i nostri colleghi fisioterapisti, cui si deve la maggior parte del sapere clinico in materia.

Le infermiere; in virtù del loro ruolo professionale, sono esposte a una maggior varietà di situazioni cliniche e sono a contatto con pazienti ospedalizzati 24 ore su 24, oltre a costituire spesso la figura di operatore sanitario più accessibile sul territorio.

Questo studio intendeva rispondere alle seguenti domande:

1. la TENS é efficace per ridurre il dolore associato al cancro in bambini dai quattro anni in sù ?

2. Costituisce un’alternativa analgesica accettabile per bambini che abbiano sofferto numerosi episodi legati al cancro ?

3. Può essere usata per certi tipi peculiari di dolore che affliggono i bambini con cancro, come infusioni dolorose in vena, metastasi ossee, arto fantasma ?

La ricerca presentata qui vuole essere un lavoro preliminare che fornisca la base per un progetto di più ampio respiro.

 

 

METODO

Soggetto

Pazienti in età dai 4 ai 17 anni, con dolori (prodotti dal cancro o dalla terapia) resistenti ai metodi tradizionali, sono stati segnalati dall’A. dagli oncologi pediatrici di una clinica universitaria di 1.100 ettari in una città del Midwest.

I curanti conoscevano la competenza dell’A. nel trattamento del dolore e sapevano che aveva esperienza clinica nell’uso della TENS con gli adulti e che era interessata a saggiarne l’efficacia con i bambini.

Date le scarse cognizioni esistenti sull’uso della TENS in campo pediatrico o in oncologia, l’A. ha deciso di attenersi ad un’ottica di studio dei casi, senza alcun tentativo di controllare variabili come quadro nosografico, anamnesi del dolore, tipo di processi dolorifici in atto, uso di analgesici, stadio della malattia, sesso o altre.

Procedura

Dopo le presentazioni di rito, al bambino e alla famiglia veniva spiegato che il curante e la ricercatrice non avevano la certezza che l’apparecchio potesse giovare, ma potevano comunque garantire che non avrebbe fatto alcun male al bambino.

La decisione di usare la TENS era lasciata esclusivamente al bambino ed ai suoi genitori. Se acconsentivano, si procedeva seguendo il protocollo illustrato nella tab.11.4. Per questo studio si é adottata la regolazione standard dell’apparecchio (cfr. tab.11.3), in quanto fornisce il tipo di stimolazione più gradevole ed é ben tollerata dalla maggior parte dei soggetti (Mannheimer e Lampe, 1984).

L’unico principio-guida per la collocazione degli elettrodi é che questi devono essere disposti in modo da indirizzare lo stimolo al sistema nervoso centrale: posizionamenti ottimali si possono ottenere in corrispondenza della colonna vertebrale, in proiezioni superficiali dei nervi periferici e nei punti di agopuntura, di irradiazione del dolore e di attivazione riflessa (Mannheimer e Lampe, 1984).

In questo lavoro per la localizzazione specifica del dolore ci si é attenuti alla descrizione fornita dai bambini e per il posizionamento degli elettrodi alle indicazione di Mannheimer e Lampe (1984), Stix e Pomeranz (1987), Travel e Simons (1983) e Yu e Carroll (1982). Per prima cosa gli elettrodi erano applicati uno all’estremità distale del dolore e uno in sede prossimale, cercando di far passare la stimolazione e attraverso l’area dolorante.

Con questo metodo il sollievo compariva di solito in 10-20 minuti; in caso contrario si spegneva l’apparecchio e si provava una diversa disposizione degli elettrodi.

 

Tabella 11.4 - Protocollo pediatrico per la TENS

1. Applicare due elettrodi a uno dei genitori e stimolare un nervo superficiale come il radiale e la base di un dito, con regolazione standard.

2. Far regolare ai genitori il comando di ampiezza d’onda fino a produrre un’intensa sensazione piacevole.

3. Dopo qualche minuto far regolare nuovamente l’ampiezza d’onda in modo da produrre un’intensa sensazione piacevole.

4. far toccare al bambino il genitore e gli elettrodi tuttora applicati.

5. Chiedere al genitore se tutto questo fa male o produce dolore in qualunque modo.

6. Dopo circa 15 minuti chiedere al genitore di confrontare la sensazione nel dito stimolato con lo stesso dito (non stimolato) dell’altra mano.

7. Chiedere al bambino se volesse provare la TENS sulla mano (purché la mano non sia al momento la zona dolente).

8. Dare l’apparecchio in mano al bambino e dirgli che é "spento" e che potrà comandarlo egli stesso.

9. Applicare gli elettrodi allo stesso dito (o mano) che il genitore si era stimolato.

10. Far regolare l’ampiezza d’onda al bambino e fargli valutare la sensazione corrispondente

11. Chiedere al bambino se vorrebbe provare la TENS su ... (l’area dolorante).

12. Applicare con molta cautela la TENS sull’area dolente e ancora una volta far regolare al bambino l’ampiezza d’onda.

 

Valutazione

Per valutare l’intensità del dolore si é usata la Scala dei Colori Eland (Eland, 1981), oppure una scala numerica da 1 a 10.

La Scala dei Colori Eland é una scala ideata per la fascia d’età dei 4-10 anni, che però é stata usata anche con bambini più piccoli e con adulti disabili. Per niente costosa, richiede un materiale minimo (otto matite o pennarelli a colori e due profili schematici del corpo, frontale e dorsale) e può essere usata senza difficoltà.

I bambini scelgono fra gli otto colori (rosso, arancione, giallo, marrone, azzurro, nero, verde e viola) quelli che per lui rappresentano meglio le varie gradazioni di dolore: indicando all’infermiera, con la colorazione di zone del profilo corporeo, dove e quando sente male, fornisce utili indicazioni diagnostiche (il protocollo per l’applicazione della scala Eland é riportato alla Tab. 11.5).

La Scala dei Colori Eland é stata usata estesamente e con successo per misurare il livello del dolore nei bambini (Clinton, 1983; Gordon, 1981; Hester, 1979; Hester, Davis, Hanson e Hassanein, 1978; Lee, 1986; Loebach, 1979; Lukens, 1982; Schroeder, 1983; Varchol, 1983; Zavah, 1986) ed é impiegata attualmente in numerose ricerche condotte sia negli Stati Uniti che all’estero.

Se il bambino non voleva colorare il suo dolore, gli si chiede di dargli un numero da 0 a 10, con lo zero nessun dolore e dieci indicando il "dolore peggiore possibile". Ai bambini che usavano la scala numerica del dolore veniva chiesto di specificare l’esatta localizzazione del loro dolore invece il colore scelto dai bambini che usavano la Scala dei Colori Eland veniva adoperato come base per mettere gli elettrodi.

 

Tabella 11.5 - Protocollo della Scala dei Colori Eland

1. Presentare al bambino otto pennarelli alla rinfusa

2. Chiedere al bambino: "Di questi colori, qual’é come ... ? (l’evento indicato dal bambino come quello che gli ha fatto più male di tutti).

3. Mettere da parte il pennarello scelto (rappresenta il dolore più intenso)

4. Chiedere al bambino: "Quale colore é come una cosa che fa male, ma non tanto male come ... ? (l’evento già indicato come il più doloroso).

5. Mettere il pennarello accanto a quello scelto per rappresentare il dolore più intenso.

6. Chiedere al bambino: "Quale colore é come una cosa che fa male appena un po’ ?"

7. Mettere il pennarello con gli altri due.

8. Chiedere al bambino: "Quale colore é come non sentire male per nulla ?"

Mostrare al bambino i quattro pennarelli scelti, nell’ordine dal dolore peggiore a nessun dolore.

10. Chiedere al bambino di mostrare sulle due sagome del corpo dove sente male, usando i colori che ha scelto.

11. Dopo che ha colorato, chiedergli se le parti colorate rappresentano dolori presenti o passati.

12. Chiedergli se sa perché gli duole quella parte (se la cosa non é chiara di per sé).

 

 

RISULTATI

 

Chad. Chad aveva quattro anni e soffriva di un sarcoma di Ewings allo stadio terminale, con dolore da metastasi alle costole. Come anestetici aveva preso ibuprofene (Motrin) e piccole dosi di morfina ad azione lenta (MS Contin), che però non erano serviti ad alleviare il dolore. Bambino di solito loquace, Chad era silenzioso chiuso in se stesso, immobile e da tre giorni non si alzava dal letto. All’esame con la Scala dei Colori Eland ha colorato l’area col colore "peggiore".

 

Fig. 11.1 - Posizione degli elettrodi adottata per Chad (1), sofferente di metastasi alle costole.

Due elettrodi lunghi 15 cm e due 10 cm sono stati applicati a rettangolo intorno alla zona dolente (cfr.fig.11.1). Dopo 15 minuti di stimolazione standard Chad ha usato il dolore corrispondente a "poco male" per colorare l’area colpita.

Ha voluto continuare ad usare la TENS quasi ininterrottamente, anche se con ogni probabilità avrebbe ottenuto lo stesso sollievo con tre applicazioni di 30 minuti al giorno. E’ possibile che temesse il ritorno del dolore, o forse preferiva avere continuamente il controllo della situazione e l’apparecchio stesso esercitava un significativo effetto placebo.

L’indomani l’A. ha trovato che correva per il reparto. Interrogato sul dolore delle costole Chad ha colorato la sagoma con la tinta indicante "nessun dolore" e ha detto di non sentire più male "per via della scatola magica". La TENS era l’unica novità introdotta nel trattamento nelle 24 ore precedenti. Chad ha continuato ad usare l’apparecchio, ibuprofene e morfina ad azione lenta fino al decesso, sopravvenuto tre mesi dopo.

 

Dave. Dave era un ragazzino leucemico di 17 anni con due problemi specifici per quanto riguardava il dolore: una micosi sistemica che richiedeva trattamento con anfotericina B (fungizone) e un herpes zoster in zona perineale. Per il dolore era trattato con acetaminofene (Tylenol) e solfato di codeina. L’herpes copriva lo scroto e il pene, per cui sono stati applicati due elettrodi di 5X5 cm sulla pelle intatta in prossimità dei nervi inguinale e dorsale del pene, dove affiorano in superficie.

Quasi immediatamente, dopo la stimolazione con regolazione standard, il dolore é sceso da 9 a 1 sulla scala in 10 punti. Dave ha continuato ad usare la TENS a richiesta ogni volta che ricompariva il dolore o quando ne aveva bisogno di muoversi nel letto.

Figura 11.2 - Posizione adottata con Dave per la flebo di anfotericina B e con Zach per la metastasi ossea al radio (punti di agopuntura Polmone 7 e Intestino Crasso 11).

Dietro suo suggerimento due elettrodi di un secondo apparecchio gli sono stati applicati al braccio, sopra e sotto il punto d’inserzione della flebo per la somministrazione di anfotercina B (cfr. fig.11.2). Prima di questa iniziativa, Dave durante la flebo stava a letto in silenzio con fiumi di lacrime che scendevano sulle gote per il dolore causato da questa flebo - dolore cui attribuiva un livello d’intensità 7, ridotto a 0 dopo l’applicazione della TENS, richiesta soltanto per la durata della somministrazione quotidiana di anfotercina B.

Tracy e Stacy. Queste due adolescenti (rispettivamente 18 e 16 anni) soffrivano entrambe di dolore all’arto fantasma, per un’amputazione sopra il ginocchio a seguito di sarcoma osteogeno. Sulla base di precedenti ricerche (Gvory e Caine, 1977; Miles e Mipton 1978), gli elettrodi sono stati applicati controlateralmente nella sede corrispondente al dolore dell’arto amputato. La stimolazione era ripetuta due volte al giorno per 30 minuti (regolazione standard) ma gli fu detto che potevano attivare l’apparecchio secondo necessità, nel caso che il dolore si ripresentasse.

Tracy aveva tentato senza successo atri analgesici e al momento non faceva nessuna terapia per il dolore all’arto fantasma perché, come disse, "Non funziona nessuna !" . Il dolore fantasma era localizzato alla base delle dita, per cui si sono applicati due elettrodi nei punti di agopuntura Rene 1 e Stomaco 44 (cfr.figg.11.3 e 11.4). I punti venivano stimolati due volte al giorno per 30 minuti mediante due elettrodi di 2,5X 5 cm.

 

Figura 11.3 - Posizione dell’elettrodo adottata per il dolore all’arto fantasma di Tracy e per le parestesie urenti di Matt (punto di agopuntura Rene 1)

 

Figura 11.4 - Posizione dell’elettrodo adottata per il dolore all’arto fantasma di Tracy (punto di agopuntura Stomaco 44)

 

Prima del trattamento il dolore era d’intensità 8 nei momenti peggiori e 4 occasionalmente. La stimolazione eseguita con regolazione standard ha portato la valutazione del dolore a livello 0-1. Nei successivi 18 mesi ci sono stati numerosi alti e bassi; quando il dolore dell’arto fantasma si ripresentava, Tracy usava regolarmente la TENS, ottenendo un efficace sollievo.

Per Stacy l’incubo era cominciato un mese prima dell’incontro con l’A.: nell’arco di trenta giorni era stato diagnosticato un sarcoma osteogeneo, le era stata somministrata una chemioterapia massiccia, molto tossica, aveva perduto tutti i capelli, aveva avuto la gamba amputata, era stata operata d’urgenza per un’appendicite, era comparso il dolore all’arto fantasma.

Quando l’A. andò a trovarla la prima volta, Stacy era a letto al buio, con le tende tirate e la testa sotto le lenzuola. Alle parole di presentazione, nessuna risposta. Dopo 10 minuti di silenzio l’A. disse: "Stacy, se io avessi una bacchetta magica - purtroppo non ce l’ho - che cosa vorresti che facessi per te ?"

Lentamente le lenzuola si abbassarono rivelando una creatura emaciata e calva, come un uccellino spennato con due occhi penetranti, che disse: "Levami il dolore dalla gamba che non ho più!". Dopo svariati minuti Stacy indicò la posizione esatta del dolore più forte, che le attraversava il dorso del piede amputato: "E’ come se avessi il piede dentro una morsa", disse.

In precedenza aveva ricevuto a intermittenza morfina a lenta azione (MS Contin) per i dolori ossei, indipendentemente dal problema dell’arto fantasma, ma senza notare alcun effetto sul dolore fantasma. Per l’applicazione della TENS (regolazione standard) sono stati usati i punti di agopuntura Rene 6 e Vescica 60 (cfr. Fig.15.5), ottenendo una riduzione del dolore da 8 ("quasi sempre" a 1-2. Dopo quel primo accesso di dolore controllato mediante la TENS, Stacy non ha più avuto dolore dell’arto fantasma.


Figura 11.5 - Posizione degli elettrodi adottate per il dolore fantasma di Stacy e le parestesie di Matt (punti di agopuntura Rene 6 e Vescica 60).

Zach. Zach era un bambino di otto anni che soffriva di un neuroblastoma con metastasi diffuse. Al momento del ricovero, malgrado le sue condizioni negava qualsiasi dolore, ma rimaneva tutto il tempo a letto fissando la televisione e non era più lo stesso bambino che il personale aveva conosciuto in precedenza.

In base al quadro patologico e allo stato di completa apatia fu prescritto un intervento farmacologico con morfina a lenta azione (MS Contin), dexa metasone (Decadeon) e ibuprofene (Motrin).

Qualche giorno dopo fu richiesta la TENS, sperando di ottenere un maggiore effetto analgesico e di farlo uscire dall’apatia. A questo punto Zach si lamentava di molti dolori, ma il peggiore era quello provocato dalla distruzione ossea di radio e tibia destri. Zach non voleva dare una valutazione in base alla scala numerica o mediante i colori, ma si limitava a dire che questi dolori erano i "peggiori" di tutti.

Per il dolore del radio si sono utilizzati i punti di agopuntura Polmone 7 e Intestino Crasso 11 (cfr.fig.1.2), mentre per stimolare la tibia si sono usati i punti Stomaco 36 e Stomaco 41 (cfr.fig.11.6) sempre con regolazione standard. Tutti i punti sono stati stimolati secondo schemi convenzionali.

Figura 11.6 - Posizioni degli elettrodi adottata con Zach per la metastasi ossea alla tibia e con Matt per le parestesie dei piedi (punti di agopuntura Stomaco 36 e 41).

Pur mancando in questo caso valutazioni quantitative del dolore prima dell’applicazione, l’aggiunta della TENS al trattamento antidolore ha prodotto un cambiamento nel livello di attività e nella situazione emotiva: Zach si alzava spontaneamente ed usciva in corridoio, chiese un permesso per andare fuori a mangiare e andare a pesca col babbo e qualche giorno dopo chiese di essere rimandato a casa. Gli effetti analgesici della terapia farmacologica e della TENS continuarono anche dopo un’ernia spinale insorta a seguito di distruzione ossea. Nell’ultima settimana di vita Zach é potuto andare due volte a pescare col babbo e una volta a mangiare la pizza.

Matt. Questo adolescente é probabilmente il caso più complesso di grave dolore da cancro che l’A. abbia mai incontrato. Matt presentava un sarcoma osteogeno multifocale diffuso in 12 sedi primarie. Il dolore "peggiore" ("12" punti sulla scala da 0 a 10) era causato da un’ernia spinale all’8 segmento toracico che produceva paralisi completa sotto quel livello, con parestesie urenti ad entrambi i piedi.

Benché sottoposto ad aggressivo trattamento farmacologico, con morfina endovena, dexametastone (Decadron) e ibuprofene (Motrin), il dolore persisteva. Sul cartello a capo del letto di Matt, scritto di sua mano, si leggeva "Non urtare il mio letto e non mi toccate i piedi!".

In tutto si sono usati otto elettrodi quadrati da 2,5 cm. collegati a due distinti apparecchi, applicati sui punti di agopuntura Rene 6 e Vescica 60, Rene 1 e Stomaco 4 (cfr. fig.11.3, 11.5 e 11.6). Partendo dalla regolazione standard, dopo vari aggiustamenti dell’ampiezza d’onda e ampiezza d’impulso nell’arco di 24 ore, Matt ha riferito che i piedi erano diventati insensibili. Ha voluto che gli apparecchi restassero accesi 24 ore su 24, cosa che é stata fatta in quanto un uso meno frequente causava la ricomparsa del dolore, ed ha continuato a usarli fino al decesso, intervenuto otto settimane dopo.

 

Chad 11. Chad (sette anni) aveva un tumore di Wilm al IV stadio e soffriva di un herpes zoster intercostale. Per il dolore prendeva solfato di codeina e idrocloruro di difenidramina (Benedryl), che tuttavia non erano efficaci e inoltre spesso lo facevano addormentare a scuola. era molto intimorito di fronte all’A. ma alla fine si convinse a colorare l’area colpita, usando la tinta corrispondente al dolore "peggiore".

Era scettico all’idea di applicare degli elettrodi su una zona già tanto dolorante. L’A. gli suggerì allora di ritornare nella stanza dei giochi con gli elettrodi applicati al braccio e poi venire di nuovo da lei se e quando avesse voluto. Circa 30 minuti dopo Chad rientrò e chiese di mettergli gli elettrodi in modo da "sistemare" il dolore al fianco.

Si sono applicati 4 elettrodi sulla pelle intatta in modo da racchiudere l’area colpita (cfr. fig.11.7). Dopo appena due minuti di stimolazione Chad afferrò i pennarelli e colorò l’area corrispondente con la tinta corrispondente a "poco dolore". A lui e a sua madre si insegnò a ripetere la stimolazione due volte al giorno per 30 minuti, od ogni volta che si ripresentasse il dolore.

Quando ritornò al controllo una settimana dopo, Chad riferì che "la scatola era magica": non aveva più bisogno delle medicine per il dolore, a scuola non si addormentava più e i suoi compagni erano convinti che avesse un cercapersone.

Figura 11.7 - Posizione degli elettrodi adottata per Chad (II) sofferente di herpes zoster che interessava il nervo intercostale.

 

Jacque. Jacque era un bambino leucemico di quattro anni. Il trattamento della malattia prevedeva 30 iniezioni sottocutanee di citarabina (Ara-c), cinque giorni l a settimana per sei settimane. Quando l’A. fu messa in contatto con lui, ne aveva fatte quattro sole. La sua risposta alle iniezioni era circa mezz’ora di lacrime e pianti ogni volta; per rappresentare il dolore dell’iniezione usava il colore "peggiore". Gli elettrodi sono stati collocati uno sopra la patella e l’altro sulla piega inguinale. Dopo 15 minuti di stimolazione standard si é praticata l’iniezione: Jacque ha pianto per 30" e poi per rappresentare il dolore ha usato la tinta corrispondente a "poco male".

Da quel bambino impaurito e piangente che era, trascinato a viva forza dai genitori nell’ambulatorio, Jacque si trasformò in un bambino allegro che arrivava saltellando col suo apparecchio della TENS in mano. Quando l’A. gli chiese che cosa avesse da saltare così, rispose: "La mia scatola magica fa andare via il male!"

 

DISCUSSIONE

In base ai risultati di questo studio, la sola cosa che l’A. può dire sull’uso della TENS con i bambini colpiti dal dolore associato al cancro é che ha ridotto in misura significativa il dolore di quasi otto bambini e ragazzi.

Quattro di loro hanno continuato ad usarla, con sostanziale sollievo del dolore e miglioramento complessivo della qualità della vita. Per Chad, Dave, Zach e Matt la TENS ha rappresentato un’integrazione importante delle altre terapie antidolore, aiutandoli ad essere "se stessi" fino al momento del decesso.

Il sollievo é stato ottenuto con stimolazioni TENS standard applicate per lo più in sede prossimale o distale rispetto all’area dolorante.

Generalmente per ottenere l’effetto analgesico bastavano due o tre applicazioni di 30 minuti al giorno, anche se qualcuno ha chiesto e ottenuto che l’apparecchio rimanesse acceso 24 ore su 24. Nessun bambino ha manifestato alcun effetto collaterale negativo dalla TENS.

Ogni bambino e i suoi genitori coinvolti in questa sperimentazione, hanno accettato molto positivamente l’apparecchio, imparando senza grosse difficoltà a regolare i comandi, riapplicare gli elettrodi o ricaricare le batterie. E’ certamente possibile che ai bambini sia piaciuto il controllo che potevano esercitare sul dolore, cosa che può aver avuto forse un significativo effetto placebo. Anche i dolori meno comuni denunciati da qualcuno dei pazienti - iniezioni dolorose, arto fantasma - hanno registrato un miglioramento.

Si deve riconoscere, ai fini della pratica clinica, che questo é un numero estremamente limitato di soggetti per uno studio e che si tratta solo di un tentativo preliminare di accertare l’efficacia e accettabilità della TENS nel trattamento del dolore in oncologia pediatrica. Non si deve presupporre che il metodo possa essere di giovamento in tutti i bambini vittime del dolore legato al cancro, dato che questo studio non prevedeva alcun controllo sperimentale.

C’é qualche problema anche a sostenere che l’efficacia della TENS sia assicurata nel tempo, benché si sia mantenuta per quei bambini che sono rimasti in vita. Quelli che sono morti usavano ancora tutti l’apparecchio al momento del decesso, continuando ad ottenere un sollievo dal dolore.

Chi lavora in sede clinica dovrebbe considerare la TENS come un dispositivo che:

1. Può dare sollievo ai bambini affetti dal dolore,

2. Non é nocivo e

3. merita di essere provato.

e può consultare in proposito fisioterapisti ed altri operatori competenti e per maggiori informazioni la bibliografia citata qui di seguito.

Quanto ai ricercatori, sono invitati ad intraprendere sperimentazioni controllate per formulare indicazioni specifiche sull’uso della TENS e individuare le sue applicazioni più opportune in pediatria, compresa l’oncologia pediatrica.

I bambini che sono vittime del dolore prodotto dal cancro in fase avanzata meritano certo i nostri sforzi di ricerca, ma questa é complicata dall’entità della patologia e dalla miriade di problemi fisici e psicologici che vi sono associati.

In più c’é il problema dell’impossibilità di uno studio a lungo termine con molti di loro, che ha conseguenze disastrose ai fini del giudizio sulla costanza e attendibilità di qualunque intervento.

A parte l’ingiustizia di fondo che tanti bambini si ammalino di cancro e molti ne muoiano, sta di fatto che l’èquipe sanitaria deve decidere in piena coscienza quanti di loro debbano vivere e morire in preda al dolore.

A parere di chi scrive, l’unica cosa peggiore che veder morire un bambino é vederlo morire fra sofferenze non alleviate.

La TENS sembra essere una tessera del mosaico del Dolore nei Bambini.

La memoria intensa dei genitori e dei loro bambini malati di cancro deve servire come stimolo per tutti i nostri sforzi per aiutare i bambini che soffrono.

 

 

BIBLIOGRAFIA

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