da PEDIATRIC ONCOLOGY and EMATOLOGY
PERSPECTIVE ON CARE
Hockenberg and Cody Editors - C.V.Mosby 1986
Capitolo 25
JOANN ELAND
PhD RN NAP FAAN
Il Trattamento
Del Dolore
Traduzione offerta alla Fondazione Livia Benini
dal Dott. Gabriele Noferi.
Il Trattamento del dolore
Fino al 1975 non esistevano misure attendibili e valide per la valutazione del dolore nei bambini.
Attualmente ne esistono almeno tre, messe a punto nella pratica infermieristica. Gli strumenti per la valutazione del dolore descritti in questo capitolo possono essere usati da qualunque operatore sanitario o da qualunque genitore e danno l’idea più chiara possibile del fenomeno soggettivo del dolore.
Alcune strategie d’intervento sono già usate da molte infermiere, mentre altre riflettono una base di conoscenza altamente specializzata che può essere attinta da discipline affini.
Questo capitolo si occupa specificatamente del dolore nei bambini e tocca i seguenti temi: un inquadramento fisiologico generale, le cause del dolore nel cancro, i problemi particolari dei bambini, i miti che distorcono valutazione e interventi, gli strumenti di valutazione ideati appositamente per i bambini, gli obiettivi di sollievo del dolore, dal punto di vista del personale infermieristico e dal punto di vista del bambino e del genitore, e gli interventi infermieristici. L’ottica è quella clinica e i contenuti riflettono idee operanti nella pratica clinica quotidiana.
La teoria del dolore
La teoria del controllo di barriera introdotta nel 1965 da Melzack e Wall e rielaborata nel 1984 fornisce la migliore spiegazione del dolore, inglobando le teorie precedenti e parametri sia psicologici che fisiologici dell’esperienza dolorifica 1,2. E’ una teoria che si presta molto bene per impostare gli interventi di trattamento su cui ci soffermeremo in seguito.
Secondo tale teoria ci sono fibre di piccolo diametro (fibre A delta e fibre C) che sono stimolate da composti come le brandichinine, le prostagiandine, l’istamina e le encefaline (tutti prodotti dal danno cellulare). Nel corpo ci sono milioni di queste fibre e certe parti del corpo ne sono più innervate di altre. Per esempi, la pelle ha molte fibre sottili, mentre gli organi viscerali ne hanno meno. Dato il gran numero di piccole fibre, la pelle é molto sensibile al dolore, e questo é facile da localizzare. Al contrario, un dolore addominale come quello connesso all’appendicite non é localizzato finché non si infiamma il peritoneo, che abbonda di fibre sottili. Le fibre di piccolo diametro terminano in uno specifico segmento spinale del como dorsale, la sostanza gelatinosa.
Le fibre di grande diametro (A beta) inibiscono il dolore e si trovano dovunque esistano le fibre sottili. Quasi tutti hanno provato il dolore provocato da un urto del gomito contro una superficie dura: la risposta immediata consiste nel ritrarre il gomito e strofinarlo vicino al punto colpito. Questa frizione stimola le grosse fibre ad inibire il dolore.
E’ più efficace strofinare la parte colpita che stringerla o premerla, perché le fibre di grande diametro sono più sensibili agli stimoli vibratori.
Il massaggio dorsale per i dolori addominali o per i dolori del travaglio, la stimolazione nervosa transettica e la terapia con ultrasuoni sono tutti metodi che usano le grosse fibre come veicolo per attenuare il dolore. Anche le fibre di grande diametro terminano in uno specifico segmento spinale nella sostanza gelatinosa. 1,2
Un insieme speciale di grosse fibre richiama l’attenzione del cervello sul punto colpito e il cervello può inviare alla sostanza gelatinosa messaggi per minimizzare o accentuare il dolore.
Per esempio, se un dito rimane chiuso in un cassetto, questo gruppo di grosse fibre richiama sul dito l’attenzione del cervello: se si tratta soltanto di un piccolo colpo, senza sangue, il controllo centrale manderà quasi certamente al segmento spinale interessato il messaggio che "il danno non é poi tanto grave", ma se invece il dito é tagliato di netto, con grande perdita di sangue, osso e tendine esposti, ecco che il messaggio da parte del cervello sarà "stavolta l’hai fatta grossa, é un affare serio", e alla sostanza gelatinosa, al livello interessato dal danno, arriveranno messaggi eccitatori del dolore.
Ci sono molte differenze individuali nella risposta ad un trauma fisico, specialmente nei bambini. La maggior parte dei bambini interpreta una qualunque perdita di sangue "male" cosicché alla sostanza gelatinosa sono inviati messaggi eccitatori.
All’interno della sostanza gelatinosa, la cellula T funge da calcolatore, sommando i segnali in ingresso dalle fibre sottili e dalle grosse fibre e i segnali in ingresso dallo speciale fascio di grosse fibre discendenti dal cervello: se il totale dei messaggi eccitatori supera quello dei messaggi inibitori, la barriera spinale si apre e i messaggi dolorifici sono inviati al cervello; se invece prevalgono i messaggi inibitori, la barriera resta chiusa e non avviene nient’altro.
I tratti neospinotalamici, come le piccole fibre, trasmettono i messaggi sensoriali circa il dolore dalla barriera spinale al talamo.
I tratti ascendenti paramediali collegano la barriera spinale al talamo e stimolano le strutture reticolare e limbica del cervello, responsabili delle emozioni provate col dolore, come paura e ansia. Il talamo riceve messaggi dalle singole sezioni del midollo spinale attraverso i tratti neospinotalamici e paramediali ascendenti, e agisce come centralina di smistamento dei messaggi alle altre parti del cervello.
Il controllo centrale, assicurato da corteccia e talamo, elabora l’esperienza dolorifica. Raccoglie l’informazione sul tempo, luogo, intensità, paura, ansia, esperienza passata e presente e decide come fermare il dolore. Nell’esempio precedente del dito tagliato, il cervello si trova ad elaborare molti messaggi delle fibre sottili, poiché molte sono state colpite. Continuando la perdita di sangue e sviluppandosi un edema, si liberano ancora altri composti chimici che producono dolore. Il gruppo speciale di grosse fibre che richiama sul trauma l’attenzione del cervello manda al segmento spinale interessato messaggi eccitatori anziché inibitori.
Benché la persona ferita si afferri la base del dito, stimolando le grosse fibre, i segnali trasmessi da queste non saranno probabilmente sufficienti.
Tutto questo produce l’apertura della barriera spinale e l’invio dell’informazione ai processi centrali di controllo, attraverso il talamo.
Il controllo centrale elabora quindi l’informazione relativa al trauma presente in rapporto alle esperienze precedenti e in rapporto alle spiacevoli emozioni attuali, prendendo quindi una decisione sul da farsi per fermare il dolore (nel caso specifico, probabilmente tamponare il sangue e andare al pronto soccorso).
La teoria del controllo di barriera è utile in quanto offre una cornice strutturata per impostare gli interventi antidolore. Un clinico preparato può quindi decidere fra tipi diversi di intervento che agiscono sul sistema in molti modi.
Tradizionalmente, gli analgesici erano ordinati secondo un continuum, da deboli a forti; il solfato di morfina era considerato uno degli analgesici più "potenti", l’aspirina "debole".
Le ricerche più recenti classificano invece gli analgesici in base alle sedi in cui agiscono nel sistema nervoso, fornendo così dei criteri per combinare le varie sostanze. Oggi sappiamo che la morfina altera la percezione del dolore e potenzia chimicamente l’azione delle grosse fibre, mentre l’aspirina agisce a livello delle fibre sottili, riducendo la sintesi della prostaglandina.
Se si cerca di alleviare un grave dolore, è opportuno combinare aspirina e morfina, in quanto agiscono in tre sedi diverse. Le sedi d’azione dei farmaci e degli altri interventi devono essere chiaramente individuate quando si imposta una terapia anti-dolore. Così facendo, il sistema é attaccato nel maggior numero possibile di punti e le probabilità di ottenere sollievo dal dolore si moltiplicano. Dove agiscono esattamente nel sistema i vari interventi specifici lo vedremo più avanti nel paragrafo dedicato ai trattamenti.
Problemi
Uno dei problemi di per sé più grandi a proposito del dolore nel cancro dei bambini é far sì che gli operatori si rendano conto che é un problema, impegnati come sono negli aspetti tecnici dell’assistenza: mantenere le fleboclisi, sorvegliare i protocolli di chemioterapia, trattare le forme infettive, interpretare le analisi del sangue, individuare remissioni e peggioramenti, tutti compiti senz’altro prioritari. E nella formazione professionale di medici e infermieri non si dedica molto tempo al tema del dolore.
Le infermiere di reparto, stando con i pazienti 24 ore su 24, sono testimoni dirette del dolore e della sofferenza dei loro piccoli pazienti. In parte il problema qui sta nell’incapacità delle infermiere di comunicare oggettivamente agli altri operatori la realtà del dolore che vedono coi loro occhi.
In dolore è una risposta soggettiva a qualcosa che fa male, al contrario dei segni vitali che sono oggettivamente misurabili.
Se un’infermiera riferisce una pressione arteriosa 160/140, qualunque collega può verificare l’esattezza della lettura: i due numeri significano che la pressione è decisamente troppo alta e che bisogna fare qualcosa. Un’infermiera può anche riferire che un bambino prova forti dolori, ma la sua intensità non é altrettanto facile da verificare.
Può succedere, ad esempio, che la collega o il collega medico cui é stato riferito dica "No, Jody non ha tanto dolore, è soltanto agitato". Anche nel caso della pressione arteriosa, che si é presa come esempio, lo stato emotivo può avere la sua parte nell’aumento dei valori ma si interviene comunque perché possono esserci gravi conseguenze fisiologiche se non si abbassa la pressione. Anche il dolore può avere conseguenze fisiologiche, benché più sottili: può provocare immobilità fisiologica, peggiorare lo shock, impedire un’efficace espettorazione nei postoperati, aumentare l’ansia.
Miti sul dolore nei bambini 3,4
1 I bambini non provano dolore con la stessa intensità degli adulti perché il loro sistema nervoso é immaturo.
Un tempo si pensava così, in quanto i nervi non sono completamente mielinizzati alla nascita, ma la mielinizzazione non é necessaria per la trasmissione del dolore. 5,8
2 I bambini recuperano presto, ovvero, un bambino attivo non può provare dolore.
La maggior parte degli adulti si mette a letto quando si sente male, ma non é così con i bambini. Rimanendo a letto o in camera sua, il bambino sa di essere alla mercé di tutti quelli che vogliono fargli qualcosa. Perciò la parola d’ordine dei bambini che hanno esperienza di ricoveri ospedalieri é "continua a muoverti e stai al largo dalla tua stanza".
3 E’ imprudente somministrare analgesici narcotici ai bambini perché possono contrarre una dipendenza.
E’ imprudente somministrare antibiotici ai bambini perché possono avere una reazione anafilattica, ma per qualche ragione ciò non impedisce ai bambini di prendere antibiotici. Invece di domandarsi "E se poi Billie sviluppa dipendenza?", gli operatori dovrebbero chiedersi : "Che succede a Billie se é preda di un dolore continuo?". In uno studio di Porter e Jick 9 , su 11.882 pazienti ospedalizzati solo 4 hanno sviluppato dipendenza da narcotici, e tutti i 4 avevano precedenti di abuso di droghe.
4 I narcotici deprimono sempre la funzionalità respiratoria nei bambini.
Da uno studio di Miller e Jick 10, solo 3 pazienti su 3.263 hanno manifestato una significativa depressione respiratoria a seguito della somministrazione di narcotici.
5 I bambini non sanno dire dove sentono male.
Un bambino non ci dirà mai che prova dolore e si irradia in basso lungo la deviazione ulnare del plesso brachiale. Ma se opportunamente interrogato é in grado di dirci dove e quanto sente male.
Se però un’iniezione é la risposta regolare a un bambino che ammette di provare dolore, ecco che smetterà di dire la verità.
6 L’infermiera che arriva con l’ago é per i bambini una "cattiva".
Le infermiere che fanno iniezioni ai bambini non godranno mai delle loro simpatie. I bambini piccoli non vedono l’utilità delle iniezioni, non avendo un concetto di tempo e non rendendosi conto che l’iniezione è la causa del cessato dolore. Il bambino che ammette di provare il dolore va incontro per di più al dolore dell’iniezione.
7 Il modo migliore di somministrare analgesici é per via intramuscolare.
Probabilmente il modo peggiore di somministrare analgesici é l’iniezione: la via migliore é per flebo, oralmente o per via rettale.
8 I bambini dicono sempre la verità circa il dolore che provano.
Finché la risposta regolare al dolore é un’iniezione certamente i bambini non diranno sempre la verità sul dolore che sentono.
9 I genitori sanno tutto sul dolore del loro bambino.
Eland 11 ha trovato che non é vero perché
• i genitori non hanno mai visto il bambino in circostanze simili ("così malato"),
• possono essere essi stessi talmente esauriti dall’esperienza ospedaliera che le loro risposte non sono più normali,
• purtroppo sono convinti che "l’infermiera lo saprebbe se il mio bambino sentisse male e si prenderebbe cura di lui. Io non ho visto il mio bambino dopo ... (qualsiasi cosa gli sia successa) ... ma l’infermiera ha curato molti bambini con questo problema e lo saprebbe, se sentisse male. Un’infermiera non lascerebbe soffrire il mio bambino".
10 Il bambino piange perché é immobilizzato e non perché sente dolore.
A volte i bambini piangono quando vengono immobilizzati perché sanno che ciò precede qualcosa di doloroso. Altre volte, bambini immobilizzati a lungo provano dolore proprio perché sono stati per troppo tempo nella stessa posizione.
Cause del grave dolore da cancro
Nella letteratura sugli adulti troviamo dati esaurienti sulle distruzioni patologiche che provocano dolore. Matthews, Zarrow ed Osterholm 12 hanno individuato cinque cause principali di dolore nel cancro: distruzione ossea con infarto; ostruzione di un dotto o vaso sanguigno; infiltrazione o compressione di nervi; infiltrazione o distensione di tegumenti o tessuti; infiammazione, infezione e necrosi di un tessuto. Queste alterazioni patologiche avvengono nei bambini, ma non sono mai state oggetto di altrettanta attenzione come negli adulti. Vedremo qui di seguito i tipi di dolore che ognuna di queste alterazioni produce.
La distruzione ossea con infarto é la causa prima di dolore nel cancro 12 . La distruzione dell’osso determina liberazione di prostaglandine, che abbassano la soglia di risposta delle fibre sottili. Gli effetti di tale abbassamento della soglia dolorifica si manifestano in molti modi: il tessuto che ricopre l’osso colpito può diventare estremamente sensibile ai minimi stimoli, come un soffio d’aria o la pressione di un lenzuolo. Alcuni pazienti hanno riferito dolori prodotti da rumori forti, come il suono di uno stereo diretto verso la zona colpita.
L’ostruzione di un dotto può essere simile al dolore viscerale, sordo, diffuso, poco localizzato e fastidioso, oppure acuto e violento, a coliche e spasmi. Può essere presente in un dato momento e scomparire del tutto un momento dopo, a seconda degli spasmi del dotto ostruito. La comparsa di questo tipo di dolore inducono scetticismo negli operatori poco informati, se non si rendono conto che la causa sono le contrazioni spasmodiche di un dotto.
L’ostruzione di un’arteria produce dolore ischemico, mentre l’ostruzione di una vena causa edema e turgore venoso. Il dolore ischemico é descritto spesso come un pulsare ritmico.
Bambini con basso livello di emoglobina lamentano spesso cefalee ischemiche, dicendo "Mi sento battere il cuore nella testa". Il dolore associato alla stasi venosa é diffuso, sordo o bruciante. L’edema associato alla stasi venosa può comprimere nei nervi producendo prurito, formicolio e sensazioni di bruciore normalmente associate al dolore neurologico.
L’infiltrazione o compressione dei nervi induce i pazienti adulti a usare per descriverlo parole come acuto, bruciante, lancinante o fastidioso. Il dolore é localizzato lungo il percorso di un nervo o può essere riferito a strutture adiacenti. Di solito il dolore é costante e può essere d’intensità variabile.
L’infiltrazione o distensione di tegumenti o tessuti causa sensazioni sorde di dolenzia e stiramento, che peggiorano col tempo. Questo tipo di dolore può evolvere anche in dolore ischemico, secondo le strutture interessate.
Infiammazione, infezione o necrosi dei tessuti inducono spesso dolore o ipersensibilità. Spesso la necrosi o l’infiammazione é uno dei risultati sperati della chemioterapia e delle radiazioni, ma la concomitante liberazione di sottoprodotti cellulari può essere fonte di dolori tormentosi.
Sappiamo che queste condizioni patologiche sono causa di gravi dolori, ma non sono state oggetto di sufficiente attenzione data la complessità della valutazione del dolore nei bambini. Quando la presenza di tali patologie é evidente, é indispensabile procedere ad un’accurata valutazione e all’opportuno trattamento del dolore nel bambino.
La valutazione del dolore
La valutazione del dolore é complessa quando il paziente é un bambino, ma non impossibile. I dati circa il dolore devono essere raccolti in almeno quattro ambiti diversi: documentazione dalla cartella clinica di condizioni patologiche dolorose; dati oggettivi, precisamente la risposta di stress nel caso di dolori acuti; dati soggettivi dal bambino stesso, mediante uno degli strumenti di valutazione; modificazioni comportamentali notate dal bambino, dai genitori, amici, insegnanti e dalle infermiere stesse.
Si é già parlato delle varie condizioni patologiche che sappiamo essere causa di forte dolore nel cancro. La risposta di stress e le alterazioni dei segni vitali ad essa associate sono utili indicatori del dolore acuto. Tuttavia qualche cautela é necessaria nell’applicazione "ai limiti".
Il dolore acuto attiva la risposta di stress e il clinico osserverà il prevedibile aumento del ritmo cardiaco, della pressione arteriosa e del ritmo respiratorio. Per fare un esempio specifico, se un bambino é stato operato per l’asportazione di un tumore di Wilms, 48 ore prima e diventa agitato e inquieto, mentre polso, respirazione e pressione aumentano dai valori di partenza, l’infermiera può concludere che il bambino sente dolore.
Questa conclusione si basa sull’osservazione del comportamento, su dati oggettivi relativi ai segni vitali e sulla conoscenza del fatto che le incisioni di solito provocano dolore a 48 ore di distanza dall’intervento chirurgico. L’infermiera può anche chiedere al bambino se sente male, ma se in passato l’aver confessato di provare dolore ha avuto come conseguenza un’iniezione, é probabile che il bambino non dica la verità. La maggior parte delle infermiere accetta però la risposta negativa e non interviene anche se ci sono prove oggettive in contrario.
Negli stati di dolore cronico l’organismo é fisicamente incapace di mantenere nel tempo la risposta di stress e non é detto che si osservino alterazioni nei segni vitali.
Un bambino può avere dolore cronico senza mostrare alcun aumento di polso, della pressione o del ritmo respiratorio. Purtroppo, molte infermiere e molti medici credono che i segni vitali siano sempre indicatori esatti del dolore.
Quasi tutti i bambini quando interrogati sul dolore che provano lo negano per timore delle iniezioni intramuscolari. Il 49% su 242 bambini ospedalizzati ha dichiarato a Eland che un’iniezione intramuscolare era la cosa peggiore che potesse succedergli 4. Se la risposta corrente all’ammissione del dolore é un’iniezione, il bambino imparerà ben presto a negare qualunque dolore.
Così una bambina di 10 anni spiegava il suo modo di vedere sulle pratiche dolorose cui era sottoposta in ospedale: "Guarda qui che cosa mi succede se sto zitta e buona ... aspirazioni di midollo, flebo, lombari e la chemioterapia che mi fa rimettere. Se dico che sento male chissà che cosa mi faranno !".
Chiaramente pensava che le cose andassero già abbastanza male senza lamentare sintomi e temeva conseguenze ancora peggiori se ammetteva un qualche problema. Un’altra paziente di 11 anni negava il dolore perché aveva paura che altrimenti l’avrebbero dimessa dall’ospedale.
I bambini hanno un vocabolario molto limitato e può darsi che non sappiano il nome della parte del corpo che duole.
Melzack e Torgerson 13 hanno rilevato che gli adulti usano 141 parole diverse per descrivere il dolore, mentre Eland 4 ha trovato che la maggioranza dei bambini ospedalizzati fra i 4 e i 10 anni conosce soltanto "male" o "bua". Il dolore é difficile da descrivere perché può consistere in molte sensazioni diverse. Può essere il dolore lancinante di un nervo distrutto, al sensazione martellante di una cefalea vascolare o la trafittura di un ginocchio escoritato. Viceversa, concetti come quello di nausea corrispondono più che altro ad un’unica sensazione, sono associati a qualcosa di preciso e sono più facili da apprendere. I bambini sottoposti a certi tipi di chemioterapia sanno che la chemioterapia provoca una sensazione "strana" allo stomaco e che spesso dopo questa sensazione vomitano: ben presto imparano che la sensazione di nausea e l’atto di vomitare sono collegati tra loro.
Quando invece un bambino prova dolore non c’é nessuna conseguenza oggettiva a facilitare l’apprendimento del concetto. Per esempio, nausea e vomito spesso seguono la chemioterapia, e il dolore é associato agli aghi da iniezione. Ma il dolore può venire senza alcun evento precipitante, cosa che lo rende meno comprensibile ai bambini e a coloro che li assistono. Il dolore associato alla compressione di un uretere ad opera di un tumore non é legato ad alcun evento individuabile, eppure può essere invalidante. E’ un dolore che arriva all’improvviso, molto violento, e poi scompare del tutto, senza che il bambino capisca che cosa succede o da dove viene "l’attacco". E la persona che l’assiste può vedere per un momento un’espressione di grave dolore e subito dopo un comportamento "normale".
Quando il dolore ha un’insorgenza graduale, può essere così sottile che il bambino se ne rende conto solo dopo che il dolore é stato eliminato. Michelle, una bambina di 8 anni, soffriva degli esiti a lungo termine di un tumore maligno del cervello, che si era manifestato di recente con la comparsa improvvisa di una paralisi. Interrogata circa il dolore, rispondeva di non provarne affatto. Tuttavia, alla luce dei referti radiografici, che mostravano fra le altre cose una distruzione vertebrale con ernia spinale, fu messa in terapia antidolore con somministrazione di codeina e acetaminofene a copertura totale delle 24 ore. Due giorni dopo dichiarò spontaneamente che si sentiva meglio ed era tornata "quella di prima". Interrogata sulla sua precedente negazione di qualunque dolore, rispose che non pensava di aver sentito male, attribuiva al fatto di sentirsi meglio e di essere tornata quella di prima a "quelle pillole bianche". Interrogando poi i genitori si venne a sapere che anche per loro Michelle nei giorni precedenti "non era più lei", ma il cambiamento l’avevano attribuito al progredire della malattia.
Certo che la malattia aveva progredito, ma possiamo chiederci se Michelle avrebbe potuto tornare "quella di prima" se non si fosse riconosciuto e trattato il dolore.
Situazioni simili a quella di Michelle possono essere un vero e proprio incubo per un clinico, perché si osservano magari alterazioni comportamentali ma non si riesce a distinguere il dolore da altre sensazioni soggettive associate alla condizione morbosa diagnosticata. Spesso i bambini sotto dolore hanno poca energia, cambiano abitudini alimentari, diventano tristi, irrequieti, depressi e chiusi in sé stessi. Sono tutti comportamenti previsti e legittimati dal ruolo di paziente, quando il bambino é sottoposto a terapia, ma fin troppo spesso vengono attribuiti alla terapia in sé e mai specificatamente al dolore.
Infermiere e medici dei reparti oncologici devono guardare le condizioni patologiche esistenti nel bambino, alla luce delle cause di grave dolore nel cancro individuate da Matthews, Zarrow ed Osterholm 14 . Quando sono presenti i fatti patologici che sappiano essere causa di dolore, il dolore dev’essere trattato anche se il bambino o i genitori non lo denunciano. Il mancato trattamento del dolore provoca una distruzione di personalità equivalente alla distruzione cellulare causata dalla condizione patologica stessa. L’attenzione al problema della qualità della vita, a proposito del dolore nei bambini, é in gravissimo ritardo.
Strumenti per la valutazione del dolore
In passato non c’erano strumenti per valutare il dolore nei bambini e quindi non c’era modo di misurare né il dolore, né il successo delle terapie antidolore. Fortunatamente le cose non stanno più così. Dato che nessuno degli strumenti diagnostici esistenti funziona con tutti i bambini, il clinico che lavora con il singolo paziente deve sperimentare vari strumenti per vedere quale sia adatto al caso e procedere poi all’intervento di trattamento del dolore.
Gli strumenti citati qui di seguito sono usati da vari anni specificatamente con i bambini.
La Eland Color Tool, (La scala del dolore) è stata messa a punto per la valutazione del dolore nella fascia di età dai 4 ai 10 anni, ma é stata usata anche con bambini più piccoli e più grandi e con adulti disabili 15. E’ facile da usare, per niente costoso e può trovare posto senza grosse difficoltà nel piano di lavoro di un clinico anche molto impegnato. Lo strumento prevede l’uso di rappresentazioni schematiche del corpo (vista anteriore e posteriore) e di otto matite e pennarelli (rosso, arancione, giallo, marrone, azzurro, nero, viola e verde), fra cui il bambino deve scegliere, secondo il protocollo seguente 16.
Chiedere al bambino: "Che tipo di cose ti ha fatto male prima di ora ?" Se il bambino non risponde, chiedergli: "Qualcuno ti ha mai bucato il dito per prendere il sangue ? Che cosa hai sentito ?" Dopo aver parlato di varie cose che in passato gli hanno fatto male, chiedere al bambino: "Di tutte le cose che ti hanno fatto male, qual’é stata la peggiore ?"
1. Presentare al bambino le otto matite alla rinfusa.
2. Chiedere al bambino: "Di questi colori, qual’é come ... (l’evento indicato dal bambino come il più doloroso)?"
3. Mettere da parte la matita scelta (rappresenta il dolore più intenso).
4. Chiedere al bambino: "Qual’é il colore che é come un male forte, ma non così forte come quella di ... (l’evento indicato come il più doloroso)?"
5. Mettere la matita accanto a quella scelta per rappresentare il dolore più intenso.
6. Chiedere al bambino: "Quale colore é come una cosa che fa male soltanto un po’ ?"
7. Mettere la matita con le altre.
8. Chiedere al bambino: "Quale colore é come quando non c’é dolore per niente ?"
9. Presentare al bambino le quattro matite scelte nell’ordine, dal colore che rappresenta il massimo dolore a quello che rappresenta assenza di dolore.
10. Chiedere al bambino di indicare sul profilo del corpo dove sente male, usando le matite che indicano il dolore più forte, medio, leggero o assente. Chiedere poi se sente male "ora" o "prima durante la giornata". Chiedere perché gli fa male quella parte del corpo.
Scala del dolore*
Fig. 25-1 Giorno 1: Tommy (11 anni) é stato ricoverato in un reparto di ematologia con la diagnosi di "artrite reumatoide". Circa 20 minuti dopo l’ammissione, ha colorato così la figura di sinistra. Nel corso delle successive 24 ore, vari esami radiografici e una biopsia hanno rilevato l’ostruzione di un uretere, una metastasi spinale e un profondo trombo venoso (che aveva occluso tutti i rami della vena safena, meno uno). Il tumore primario si stava erodendo l’ileo e c’era un versamento pleurico. Tommy ha indicato inoltre, con il colore scelto per il dolore "leggero", i vari punti dove erano stati eseguiti prelievi. Giorno 2: l’equipe sanitaria aveva iniziato un trattamento con morfina per fleboclisi. I Cambiamenti nel dolore si vedono nella nuova coloritura delle aree interessate, eseguita da Tommy il secondo giorno (a destra).
* la legenda riflette i colori scelti da Tommy per indicare le varie intensità del dolore.
I bambini non hanno difficoltà a colorare i punti dove sentono male, mentre non colorano le parti che non dolgono sul momento. Per esempio, spesso non viene colorato il punto dove si trova inserito l’ago della flebo: a domanda il bambino risponde che la flebo gli ha fatto male quando é stata attaccata, "se sto fermo ora non fa male".
Può anche succedere che le colorazioni mostrino nuovi punti dolenti, indicando l’avanzare di fattori patologici di cui l’équipe curante magari non sapeva nulla. In molte occasioni questo metodo della coloritura ha permesso di identificare metastasi ossee, metastasi polmonari e neuropatie prima che fossero disponibili i reperti oggettivi.
Un bambino di 8 anni che aveva un piccolo sarcoma cellulare identificò una zona nella parte superiore sinistra del torace come una dolenzia di media intensità, presente a intermittenza. In base ad esperienze precedenti con questo strumento, i medici richiesero opportuni esami diagnostici, senza trovare niente di patologico. Due mesi dopo si trovò una metastasi polmonare nella zona esatta colorata dal bambino.
Hoester 17 ha messo a punto lo Hoester Poker Chip Tool, che usa quattro gettoni colorati come "pezzi di male". I quattro gettoni indicano gradienti di dolore, da "appena un po’ " a "il male più forte che uno può sentire". Lo strumento é tascabile e di rapida somministrazione e presenta il vantaggio di essere qualcosa di concreto che i bambini possono usare senza difficoltà per mostrare quanto dolore provano al momento.
Le scale visive analogiche (Visual Analog Scales) si possono usare con bambini che conoscono i numeri. Si mostra una linea con sotto i numeri da 1 a 5 (o da 1 a 10) e si chiede "Se 1 vuol dire che non fa male per niente e 5 il male peggiore possibile, dove si trova il male che senti ora ?"
Beyer 16 ha messo a punto lo "Oucher", (Il copyright dello Oucher, da "Ouch!", interiezione del dolore, é di The University of Virginia Alumni Patents Foundation) in cui una scala visiva analogica é combinata con una serie di foto di bambini con espressioni di dolore".
Al bambino si chiede anche qui di indicare dove si colloca il dolore che sta provando, lungo un continuum numerato. Lo "Oucher" ha il vantaggio di dare un valore-numerico ad un’espressione visiva del dolore. Lo svantaggio é il maggior ingombro rispetto agli altri strumenti, che lo rende difficile da portare in giro nel reparto.
Data la complessità del problema, nella valutazione del dolore dei bambini malati di cancro si deve tener conto anche delle alterazioni comportamentali. Fra le domande da porsi ci sono le seguenti:
• il sonno é interrotto dal dolore ?
• Il bambino ha bisogno di un sonnellino diurno ?
• Il bambino é diventato un solitario, con pochi o nessun amico della sua età?
• Le attività praticate prima della malattia possono continuare ?
• Il bambino frequenta ancora la scuola ? E la frequenza scolastica é qualcosa di realistico e da lui desiderato ?
• Se va ancora a scuola, che cosa fa dopo la scuola ?
• Partecipa ancora alle attività sociali scolastiche ?
• Il bambino partecipa ad altre attività sociali dopo la scuola ?
• Quali altre attività importanti non pratica ma vorrebbe praticare, a parte quelle di cui sopra ?
• Quali cambiamenti nel tipo di attività sono stati osservati dall’insegnante o dall’altro personale della scuola ?
• Il bambino é in grado di concentrare l’attenzione sulle materie scolastiche ?
• Il rendimento scolastico complessivo é peggiorato ?
Quando l’insorgenza del dolore é graduale, queste alterazioni dell’attività possono essere gli indizi più utili per seguire l’evolversi del dolore. In precedenza tali cambiamenti erano attribuiti non al dolore ma al progredire della malattia stessa.
Certo che il livello di attività di un bambino può ridursi per effetto della terapia o della malattia che segue il suo decorso, ma il declino dell’attività può essere un sintomo del dolore.
Come già detto, può succedere che il bambino neghi in tutta onestà, alle domande dell’infermiera o del medico, la presenza del dolore, perché l’insorgenza é stata così strisciante che non se ne accorge finché non viene alleviato da un qualche intervento.
Valutazione e intervento sono due elementi fondamentali dell’attività infermieristica, ma una parte spesso dimenticata dagli operatori é il riesame del dolore dopo che l’intervento ha avuto tempo di agire. L’infermiera deve parlare con il bambino e i suoi familiari per verificare il successo o insuccesso dei trattamenti.
Definizione degli obiettivi
Un passaggio cruciale nell’assistenza infermieristica spesso consiste nel fissare gli obiettivi di sollievo dal dolore in collaborazione col bambino e la famiglia. Rankin 18 ha trovato, in uno studio sul cancro negli adulti, che i pazienti e le infermiere si ponevano obiettivi diversi: mentre per le infermiere era adeguato e sufficiente un intervento che smorzasse un po’ il dolore, i pazienti si aspettavano un sollievo tale da poter funzionare normalmente nelle attività della vita quotidiana. Dallo stesso studio risulta che il successo o l’insuccesso della terapia del dolore non era verificato insieme con i pazienti. Le infermiere infatti basavano gli interventi sugli obiettivi che si erano preposti in base alla loro ottica professionale, ne valutavano autonomamente l’efficacia e non comunicavano coi pazienti.
Le infermiere pediatriche devono valutare il dolore del bambino e discutere con lui e con i genitori quali sono gli obiettivi realistici di una terapia antidolore. I dati comportamentali raccolti nella fase di valutazione iniziale possono essere usati per fissare gli obiettivi e verificarne il raggiungimento. Se il bambino sotto dolore é triste, silenzioso, chiuso in sé stesso, inattivo, una misura del sollievo ottenuto potrebbe essere la ripresa dell’attività e dei comportamenti precedenti.
In alcuni casi é possibile eliminare totalmente il dolore e restituire il bambino alla normale attività. In altri casi l’obiettivo può essere quello di finire un semestre di scuola o di partecipare ad un’attività scolastica come la festa di fine anno. Una volta fissato l’obiettivo, l’èquipe curante può aiutare il bambino a i genitori a decidere quali interventi sono disposti a tentare per raggiungerlo.
Gli obiettivi scelti devono essere comunicati a tutti i membri dell’èquipe. Un bambino con forti dolori e poche energie può, ad esempio, volerle risparmiare al massimo nel corso della giornata in vista di un unico scopo, come la partecipazione alla classe scolastica istituita nel reparto, e quindi non essere disposto a fare il bagno. Ricordiamo che la scuola é il "lavoro" del bambino, e spesso la cosa per lui più importante, fra le singole attività. L’infermiera che non é al corrente dello scopo che si é prefisso per la giornata può insistere perché il bambino faccia il bagno e partecipi alle attività del mattino. Si devono rispettare gli obiettivi fissati dal bambino e riconoscere il suo diritto di scelta su come usare le energie limitate di cui dispone. Periodicamente tutte le persone coinvolte devono fare il punto dei progressi compiuti nel conseguimento degli obiettivi, aggiornarli e fissarne di nuovi.
Interventi infermieristici
Dal momento che ci sono voluti vari anni per mettere a punto gli strumenti di valutazione del dolore nei bambini, gli interventi specifici per i bambini non sono ancora ben documentati dal punto di vista della ricerca. Indipendentemente dal fatto che esista o meno di una base di sperimentazione, nel lavoro clinico ci si trova a fare i conti con la realtà quotidiana di bambini in preda al dolore che hanno bisogno di interventi immediati.
In questa parte ci soffermeremo sugli interventi dal punto di vista della pratica infermieristica, senza alcuna pretesa di completezza. Come si é detto a proposito degli strumenti di valutazione, anche per quanto riguarda gli interventi non ce n’é nessuno che vada bene per tutti i bambini e l’impegno é quello di trovare quale intervento o combinazione d’interventi sia più efficace nel caso singolo.
Su molti di questi interventi esistono interi testi e il lettore interessato ad approfondire l’argomento é rinviato alla bibliografia. Ci sono molte tecniche, usate con successo per alleviare il dolore negli adulti, che si possono applicare direttamente ai bambini, mentre altre richiedono modifiche. I dati relativi agli anestetici locali, di cui si parla nel paragrafo seguente, sono un esempio di informazioni note da anni che non hanno trovato applicazioni ai problemi speciali dei bambini.
"Caines", pratiche dolorose e blocco di nervi
Gli anestesisti sanno da molto tempo che ci sono anestetici locali ad azione breve, intermedia e prolungata. Una delle ragioni per cui ai bambini dispiacciono particolarmente le aspirazioni del midollo osseo e le punture lombari é l’infiltrazione nei tessuti dell’anestetico locale, che per un buon mezzo minuto dà la sensazione di un milione di punture di vespa, finché la sostanza non comincia a fare effetto.
La sensazione é così spiacevole che molti bambini rifiutano la lidocaina o l’ipocloruro di procaina (Novocaina). La lidocaina smette di pungere 30" - 60" dopo l’infiltrazione ed ha una durata di 2 o 3 ore circa. La sensazione di trafitture multiple associata all’uso di idrocloruro di cloroprocaina (Nesacaina) dura circa 2" o 3", ma l’effetto dell’anestetico dura solo 15 minuti.
Se la procedura non é eseguita da mani espertissime e si prevede che duri più di 15 minuti, l’idrocloruro di cloroprocaina (Nesacaina) può essere combinato in soluzione con un anestetico locale ad azione più lunga, come l’idrocloruro di bupivacaina (Marcaine).
Fra i vantaggi di tale combinazione di anestetici locali ad azione breve e prolungata per eseguire un’aspirazione di midollo osseo ci sono l’effetto quasi immediato, che elimina la sensazione spiacevolissima delle trafitture, e una durata di 8-10 ore che risparmia ai bambini la dolenza ed il bruciore lamentati per varie ore dopo la procedura.
Anche se possono richiedere più tempo, le aspirazioni di midollo diventano molto meno dolorose con i metodi seguenti:
• Spruzzare per 2" o 3" la zona col Frigiderm (cloruro di etile) o applicare ghiaccio prima dell’infiltrazione.
• Infiltrare la pelle con anestetico ad azione breve
• Infiltrare il tessuto più profondo con una combinazione di anestetico ad azione breve e ad azione prolungata.
• Iniettare una bolla di anestetico fra il periosteo e l’osso
• Eseguire la procedura.
Quasi tutti abbiamo provato il dolore periosteale urtando il gomito o la nocca del piede. Il periosteo é il rivestimento dell’osso, estremamente sensibile. Se prima di aspirare il midollo non si inietta anestetico nel periosteo, é inevitabile un intenso dolore da trafittura finché l’ago dell’aspirazione non viene estratto.
Blocco dei nervi
L’efficace blocco di un nervo può ricondurre un individuo a un’esistenza più normale senza gli effetti collaterali di analgesici sistemici più potenti e dev’essere preso in considerazione per i bambini che possono trarne giovamento.
Il metodo agisce alterando i messaggi delle fibre sottili. Un circuito dolorifico creato dalle fibre sottili può essere paragonato ad una strada fangosa con profondi solchi che rappresentano il dolore. L’unico modo in cui un’auto (in questo caso un messaggio neurologico) può percorrere la strada è seguendo con le ruote i due solchi paralleli. Il blocco di un nervo é come un rullo compressore che spiana i solchi lasciati dalle ruote nel fango.
L’efficacia del rullo compressore dipende da quante volte si ripete l’operazione, da quanto é asciutta la strada e da quanto pioverà in futuro. Analogamente, il blocco di un nervo può bastare ad eliminare totalmente il dolore in una volta sola, o può dover essere ripetuto. La durata dell’effetto varia: alcuni pazienti ottengono un sollievo di alcune ore, altri di giorni o addirittura mesi.
La procedura é dolorosa. I pazienti che pensano di sottoporvisi devono essere avvertiti fino dall’inizio, ma devono anche sapere che il blocco può eliminare totalmente il dolore. L’infiltrazione di un anestetico locale in un tessuto intatto é dolorosa di per sé, ma in un nervo dolente che é stato invaso da cellule maligne può essere una tortura.
Spesso il medico deve localizzare il nervo interessato introducendo l’ago su un punto di riferimento osseo, cosa che crea dolore periostale. I pazienti devono essere preparati al fatto che può essere necessario inserire un ago a contatto con l’osso, in modo da poter restare fermi: stringere la mano dell’infermiera o gridare può servire in queste situazioni, ma non si può cercare di allontanarsi dalla fonte del dolore, a causa del danno prodotto allo spostamento dell’ago.
Olness, Spinetta e Hilgard 19 e LeBaron 23 hanno mostrato come l’ipnosi sia particolarmente utile nei bambini con tumori maligni. Si pensa che l’ipnosi agisca riducendo la quantità di composti chimici che inducono ansia e paura, prodotti nelle strutture reticolari e limbiche. Da certi indizi sembra inoltre che l’ipnosi agisca anche nelle aree grigie periventricolari e periacquedottali che presiedono al controllo centrale, producendo la morfina propria dell’organismo.
Stimolazione transelettrica dei nervi
Ho visto due bambini che soffrivano dolori gravissimi legati alla distruzione di costole per un sarcoma di Ewing ottenere un sollievo totale (dichiarato dal paziente) grazie ad uno stimolatore elettrico transcutaneo e a una copertura totale, 24 ore su 24, con farmaci antiflogistici non steroidi. Uno di loro, un bambino di 5 anni che era confinato a letto dal dolore, é stato trovato un giorno a fare le scivolate nel corridoio. Alla domanda se non sentisse più male, la sua risposta fu: "Sto molto meglio per via delle pillole e della mia scatola magica".
Gli stimolatori elettrici sono stati usati soprattutto con adulti affetti da dolore cronico, ma rappresentano un campo che merita attenzione in sede pediatrica 22. L’apparecchio invia piccole scariche elettriche alle grosse fibre (quelle che inibiscono il dolore) e da certi indizi sembra che stimoli nel’organismo la produzione di oppiati naturali.
In sostanza si tratta di un pacchetto di batterie grande come una saponetta, da cui partono fili collegati con elettrodi applicati alla superficie cutanea. Attualmente esistono più di 80 ditte produttrici e quasi tutti i modelli hanno regolazioni di ampiezza, frequenza e temporizzazione. La regolazione ottimale varia molto da un individuo all’ altro, ma l’apparecchio é stato usato per l’aspirazione del midollo, la puntura lombare, il dolore da infarto osseo ed il dolore da invasione del nervo. I dolori di tipo viscerale sono molto più difficili da trattare con lo stimolatore elettrico, ma la cosa non é del tutto impossibile.
Distrazione
Le infermiere pediatriche hanno sempre usato la distrazione coi loro pazienti e devono continuare a fare tutto quello che finora si é dimostrato efficace.
Alcune tecnologie recenti possono offrire utili sussidi. I riproduttori portatili di cassette sono particolarmente efficaci per distrarre i bambini che possono ascoltare i loro nastri preferiti durante procedure dolorose, 23,24 quando cercano di rilassarsi e quando si sforzano di distogliere la mente da tutto quanto li preoccupa.
Per un bambino piccolo la voce di un genitore che legge un racconto può essere un potente sollievo del dolore. Una madre particolarmente creativa ha registrato le voci ed i rumori di casa al momento di mettere a letto i bambini, per la figlia maggiore che era ricoverata da due mesi per un’infezione polmonare: ascoltare questi nastri era un grande conforto per la sua nostalgia.
Misure di conforto
Gli interventi antidolore più efficaci esistono da lunghissimo tempo e si possono generalmente definire misure di conforto. Alcune di esse contribuiscono direttamente ad alleviare il dolore, altre solo indirettamente riducendo l’ansia e la paura. Sistemare il paziente in una posizione confortevole attenua la pressione sulle fibre sottili attorno alle prominenze ossee o la evita sulle linee di sutura.
Le braccia o le gambe con fleboclisi possono essere sostenute mediante cuscini o teli da bagno. Se il paziente é coricato su un fianco, cuscini dovrebbero essere collocati lungo il dorso e fra il ginocchio e la caviglia. I tubi nasogastrici devono essere fermati con una pinzetta al pigiama o alla camicia da notte, in modo che un colpo accidentale non faccia danno. I pazienti intubati, che non prendono niente per bocca, o comunque respirano attraverso la bocca, richiedono frequenti attenzioni alla bocca e alle labbra.
Tutti i pazienti non hanno bisogno di lenzuola nuove ogni giorno. In particolare per i bambini si devono rispettare le abitudini serali consuete al momento di andare a dormire: per esempio, il bagno alla fine della giornata anziché al mattino. Il massaggio dorsale é un’altra misura di conforto che dev’essere reintrodotta in quasi tutti i reparti. Il massaggio infatti stimola le grosse fibre inibitorie del dolore e trasmette ai centri superiori di controllo un senso di calore e di accudimento. Molti pazienti pediatrici possono essere tenuti in braccio, ma spesso i genitori devono essere aiutati a districarsi con tutti i tubi e gli apparecchi.
Analgesici
Fino a metà degli anni ‘70 non era possibile misurare precisamente il livello di analgesici in circolo. Con lo sviluppo delle tecniche radioimmuni, oggi sappiamo che la maggior parte di queste sostanze ha una durata più breve di quanto si credesse. La merperidina (Demerol) si credeva un tempo che avesse una durata di 3-4 ore, mentre é di 2-3 ore soltanto 23. Il solfato di morfina ha una durata di 3-4 ore, il metadone (Dolophine) di 6-7 26.
Inizialmente si devono provare gli analgesici che hanno meno effetti collaterali. Se il dolore resiste a farmaci come l’acetaminofene (Tylenol) o l’aspirina, é opportuno un tentativo con antiflogistici non steroidi. Se nemmeno questi sono efficaci, si devono provare narcotici combinati con acetaminofene, la maggior parte degli antiflogistici non steroidi é antagonista dell’acetaminofene e dell’aspirina. Queste ultime due sostanze agiscono a livello della fibre sottili, mentre gli antiflogistici non steroidi oltre che sulle fibre sottili agiscono a livello del midollo spinale.
La morfina aumenta chimicamente l’efficacia delle grosse fibre e altera la percezione centrale del dolore, mentre la merperidina interviene solo sui centri di controllo, alterando al percezione del dolore. La maggioranza dei pazienti avrà un controllo migliore del dolore ed un dosaggio complessivo minore se gli analgesici vengono somministrati ad intervalli regolari nell’arco delle 24 ore. Quando l’indicazione é quella di cure palliative, la copertura totale con analgesici, 24 ore su 24, può essere la prassi generalizzata. Qualcuno può pensare di omettere la dose notturna, ma in quel caso il livello di analgesico in circolo scende e spesso il paziente si sveglia per il dolore senza riuscire a riaddomentarsi.
Uno dei modi migliori per verificare l’efficacia degli analgesici é l’uso di un’apposita tabella come quella descritta da Minehart e McCaffery 27. Lo scopo é quello di valutare l’innocuità e l’efficacia degli analgesici prescritti.
Lo stampato contiene colonne per segnare: l’ora del giorno, il giudizio soggettivo sul dolore, l’analgesico usato, i segni vitali, il livello di attivazione, il piano di trattamento ed eventuali osservazioni. Ha il vantaggio di riassumere su un apposito modulo tutti i dati relativi al dolore: all’infermiera o al medico basta un’occhiata alla tabella per seguire il successo o insuccesso della terapia antidolore.
L’idea può apparire semplicistica a prima vista, ma questo metodo permette di concentrare l’attenzione esclusivamente sul dolore. La tabella é utile inoltre per i pazienti non ospedalizzati, che possono portarla alle visite di controllo o mostrarla all’infermiera durante le visite domiciliari. Lo stampato può essere usato per seguire l’andamento di altri interventi antidolore e non necessariamente dev’essere limitato agli analgesici.
Ci sono occasioni in cui dosi "normali" di analgesico non bastano ad alleviare il dolore: se questo ha fatto registrare una punta massima subito prima della somministrazione, la dose consueta non basterà e l’infermiera dovrà ottenere la prescrizione di una dose supplementare.
Talvolta in ospedale é difficile ottenere gli analgesici durante il cambio dei turni: i pazienti più esperti (o i genitori) lo sanno bene e cominciano a chiedere la dose con buon anticipo, come imparano a fare ben presto anche gli inesperti. Purtroppo tali richieste anticipate sono interpretate malamente dal personale infermieristico e a questi pazienti (o genitori) viene attribuita l’etichetta negativa di "maniaci dell’orologio".
E’ un rischio causato dai timori irrazionali del personale sanitario circa la dipendenza dai narcotici e in qualche caso anche dal bisogno dell’infermiera di sentirsi padrona della situazione. Si creano in tal modo ansie e timori aggiuntivi, che non fanno altro che peggiorare il dolore. Non é difficile capire perché i pazienti che si regolano da soli l’assunzione di analgesici riescano a tenere meglio sotto controllo il dolore e con dosaggi più bassi.
Sommario
Il problema del controllo del dolore nei bambini malati di cancro é molto complesso ma tutt’altro che impossibile.
Le stesse condizioni patologiche che sappiamo essere causa di grave dolore negli adulti sono presenti anche nei bambini.
Esistono vari strumenti di valutazione ideati specificatamente per i bambini, che devono essere usati per valutare il dolore all’inizio e poi il successo o insuccesso degli interventi.
Il campo degli interventi sul dolore nei bambini é un territorio vergine che richiede un’esplorazione intensiva da parte di tutti coloro che si occupano di bambini che soffrono.
Invece di chiedersi se sia o no il caso di intervenire, forse é più opportuno porsi la domanda "Che cosa succederà al bambino se non interveniamo ?"
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